Il noleggio va bene ed è pronto a fare la sua parte nell’interesse dei clienti e della collettività in vista della transizione, ma per fare in modo che questo accada davvero, prima che incentivi, occorre programmazione. Giuseppe Benincasa, direttore generale di Aniasa, è da 24 anni in Aniasa. Per lui la prima domanda è d’obbligo.
Come vede il meccanismo degli incentivi?
«Secondo me funzioneranno. Il vero punto è che bisognerebbe già pensare al dopo e ad una riforma fiscale strutturale per rinnovare il parco auto e ad una programmazione che tenga conto della tecnologia e dell’impatto ambientale. Le flotte possono recitare un ruolo primario per spingere la transizione precisando che il beneficiario di tutto questo sarebbe il cliente finale e non le società di noleggio».
Guardando ai dati Unrae, l’avanzata delle captive sembra finita. Siamo arrivati ad un equilibrio?
«Sì, secondo me sì. Anche perché anche le captive offrono modelli delle case concorrenti. Secondo me il dato saliente è che si afferma il modello del noleggio a lungo termine come unica alternativa al leasing finanziario e all’acquisto per diversi motivi. Il primo e più importante è l’aumento a dismisura dei valori economici insieme al costo del servizio e di utilizzo del veicolo».
I privati continuano a crescere?
«Ultimamente hanno rallentato un po’, ma solo per gli incentivi, così come è accaduto per il resto del mercato. I nostri clienti, siano essi aziende o privati, stanno aspettando per decidere se passare all’ibrido, all’ibrido plug-in o all’elettrico. Stavolta poi il contributo economico è considerevole e, in aggiunta a questo, c’è il fatto che una parte degli incentivi servirà a finanziare anche l’usato, un mercato oggi molto forte».
Che idea si è fatto del noleggio dell’usato?
È un’ottima cosa, tanto che la utilizziamo già in associazione. Le vetture di nuova generazione hanno una vita media superiore, spesso hanno pochi chilometri, sono perfettamente manutenute e tecnologicamente al passo con i tempi. Dunque abbiamo a disposizione anche ibrido, ibrido plug-in ed elettrico ad un costo sensibilmente inferiore, e sono dunque l’ideale per chi altrimenti non potrebbe permettersele».
E come va il noleggio a breve termine?
«Ha fatto un grande balzo nelle immatricolazioni nel corso del 2023, per due motivi: in primo luogo, è finita la carenza del prodotto; in secondo, c’è stato inflottamento di un gran numero di modelli che erano alla fine del loro ciclo di vita. È stato un win-win: il costruttore si è liberato di un grosso stock e il noleggiatore ha rifatto la propria flotta con modelli di gruppo A e B che costituisco il 60% delle flotte».
Tra le tendenze, c’è un aumento del dowtown…
«È dovuto a due motivi fondamentali. L’aumento dei furgoni e il legame con il trasporto ferroviario. Nel noleggio aeroportuale e turistico vediamo una contrazione della clientela nordamericana, a causa dei conflitti in corso, mentre c’è stata una forte espansione del mercato europeo e di quello sudamericano. C’è un’evoluzione del mercato e nella clientela: molti stranieri hanno regolarizzato la loro posizione e, se devono muoversi, preferiscono il noleggio».
I numeri poi dicono che i noleggi a breve aumentano di numero e si accorciano mentre il car sharing aumenta la lunghezza dei noleggi che coinvolgono i fine settimana. Sembra che i due mondi si mescolino…
«È un fenomeno che osserviamo da un po’ di tempo e spiegabile con il fatto che, chi non ha la macchina, trova facile fare tutto con una app accedendo anche alle ZTL. Parliamo dunque di una clientela tipicamente cittadina mentre quella del noleggio tende a muoversi fuori porta. Questi dati sarebbero utilissimi per le amministrazioni locali e per guardare al car sharing come parte del servizio pubblico e non come un’attività imprenditoriale da spremere…»
Perché il settore soffre?
«Perché l’imprenditore che porta avanti il car sharing ha molti problemi. Il principale è che, in media, il 35% delle vetture è fermo per danneggiamenti. E poi c’è il problema tariffario: dati alla mano, siamo in grado di dimostrare che le tariffe per convenzione sono inferiori a quelli delle biciclette e dei monopattini elettrici. C’è bisogno di una piattaforma fiscale specifica che permetta agli operatori di sostenere questo business, altrimenti, come è già successo, si ritirano e il servizio viene sospeso con un danno per tutta la comunità».