SAN PAOLO – Già campione del mondo, il belga Stoffel Vandoorne non vede il podio della Formula E dall'agosto del 2022. In Stellantis ha trovato una nuova sistemazione: la Ds Penske lo ha ingaggiato per il mondiale elettrico, mentre la Peugeot lo ha messo sotto contratto per quello di endurance. Nella concomitanza fra le due rassegne, almeno in occasione del primo ePrix di Berlino, il prossimo 11 maggio, la Formula E è la priorità, anche perché la Ds Penske è in lotta per il podio a squadre (seconda) e per quello costruttori appena introdotto (terza).
Come valuti l'avvio di stagione?
«È stato decente. Avrebbe potuto anche essere migliore perché siamo stati sfortunati in qualche occasione, ma in generale siamo in una condizione migliore rispetto a quella in cui ci trovavamo un anno fa nello stesso periodo».
“Decente” non è un aggettivo che ti soddisfa, immagino.
«Naturalmente quando non vinci non va mai bene abbastanza. È chiaro che si vuole di più. Arriviamo da una stagione complicata, in cui accusavamo delle lacune rispetto a Jaguar e Porsche, ma abbiamo lavorato molto anche durante l'inverno. Abbiamo fatto dei passi in avanti che stanno pagando: stiamo andando nella giusta direzione e penso che nelle prossime gare dovremmo apprezzare ulteriori benefici».
Preferisci i tracciati cittadini o quelli permanenti?
«Quelli cittadini, decisamente. Sono più impegnativi, ma che regalano le maggiori soddisfazioni, anche prendendo in considerazione quello che puoi ottenere con una buona qualifica e costruendo bene il fine settimana».
Eppure la Formula E sembra spostarsi sempre più verso i circuiti fissi.
«Quest'anno è così, ma fa parte del gioco: noi dobbiamo far bene anche in quelli. Anche per le emozioni che si hanno, io credo che ogni pilota preferirebbe gareggiare in città».
Ma i piloti non vengono coinvolti quando si tratta di decidere!
«Non siamo noi a controllare il campionato. Noi diamo il nostro parere e i manager sanno cosa vogliamo. Ma un conto è ciò che vogliamo noi e un altro è dover far quadrare i conti: perché per organizzare un campionato servono anche buoni bilanci. I manager hanno una visione migliore della nostra circa gli investimenti e ritorni e ci sono gare cittadine che costano una montagna di soldi. Insomma: ci sono aspetti pratici e finanziari da tenere in considerazione».
Con la futura introduzione del sistema di ricarica rapida e il passaggio obbligato ai box la Formula E rischia di assomigliare sempre più alla Formula 1.
«Non direi. A me pare che resterà diversa, in particolare in un contesto come quello di questo fine settimana, a San Paolo. Sarà un ePrix con molti sorpassi, che dipenderanno in larga parte dalla tipo di gestione dell'energia. Non farei paragoni: sono dinamiche di gara differenti. Credo che quella di oggi sarà una gara molto divertente».
Qual è l'aspetto più difficile da amministrare in Formula E?
«Quello mentale. I fine settimana sono molto concentrati con libere, qualifiche e gara in un solo giorno e lasciano poche possibilità per rilassarsi e analizzare i dati prima di rendersi conto che è già tutto finito. Pertanto è strategica la preparazione che precede gli ePrix. Durante il fine settimane occorre essere svegli e flessibili, aperti ai cambiamenti perché gli stessi ingegneri hanno tempi ridotti per capire quello che accade, per confrontarsi con i piloti e decidere come e su cosa intervenire».
La priorità della Formula E per crescere?
(sorride) «Vediamo...da dove posso cominciare».
Anche più di una allora.
«È difficile isolarne una, però a mio avviso cedo che abbia bisogno di ampliare la base degli appassionati che la seguono. Se ci riesce, poi ogni cosa diventa più facile da sistemare».