PERUGIA - «Aveva già tutte e due le gambe fuori dal parapetto, se fossi arrivato un secondo dopo era nel Tevere. Ma quando la polizia ha voluto sapere il mio nome, ho chiesto perché volessero schedarmi di nuovo. Che ho fatto di male 'sta volta?». Perché quando sei pecora nera da tutta la vita, se fai una cosa giusta, se diventi un eroe, evidentemente nemmeno te ne accorgi. E questa è la storia di C., per gli amici La Grinta. Origini magrebine, tra i ragazzi difficili di Ponte San Giovanni, oggi ha 16 anni ma dai suoi 12 entra e esce da comunità e pure carcere. Un curriculum di estorsioni, rapine, risse, lesioni. Tra gli arrestati, a nemmeno 15 anni, della famigerata baby gang del minimetrò. Nemmeno un cane sciolto, quindi, ma con una banda pronta a tutto per 20 euro da investire in cannabis.
Eppure, quando si è trovato davanti una ragazzina pronta a lanciarsi dal ponte, non ci ha pensato un istante. Il suo istinto è stato più forte della reputazione da cinico e duro. «Ero uscito con un mio amico a piedi – racconta al Messaggero -, eravamo in giro, non c'era niente da fare. Andando verso casa, camminiamo sul ponte di legno quando una ragazza a passo veloce ci sbatte addosso e ci passa in mezzo. Lei non dice niente, noi ci guardiamo. Ricordo che ho pensato che magari era arrabbiata. Mentre mi giro chiedendomi che c'avesse mai in testa una così, la vedo che mette una gamba fuori dalla staccionata. Un secondo e stava già mettendo pure l'altra. Io allora ho fatto uno scatto, ho avuto solo paura di non fare in tempo. Era lontana. Pensavo solo che non sarei mai arrivato in tempo. Le ho gridato “Oh, che fai?”, ma lei non si è manco girata. Era già pronta a lanciarsi. Ma l'ho acchiappata per la giacca e l'ho sbattuta a terra. Se partivo un secondo dopo era già nel fiume». La Grinta lo sputa fuori tutto d'un fiato, come se si vergognasse o, peggio, avesse paura di perdere l'attenzione dell'interlocutore. «Cosa è successo dopo? L'ho tenuta ferma giù, lei ha provato sempre ad alzarsi, mentre il mio amico ha chiamato i carabinieri e l'ambulanza. Ho capito che era appena scappata dal centro per ragazzi con problemi psicologici. “Voglio tornare a casa mia, io non sto bene lì”, mi ha detto. “Se ti butti di sotto e ti ammazzi, a casa non ci torni sicuro”, le ho risposto». Logica da strada, ineccepibile. «Poi è arrivata l'ambulanza, l'ho tenuta finché non l'hanno presa. Ed è arrivata la polizia: mi hanno chiesto il nome. “Ma perché volete schedarmi? Che ho fatto mò?”, gli ho detto. Ma loro invece mi hanno fatto i complimenti, mi hanno stretto la mano e mi hanno salutato così: “Vediamo se riusciamo a fare qualcosa di buono”. Anche se un poliziotto già mi conosceva. Sono stato spesso in questura. Eh sì, ne ho fatte parecchie in giro...».
Ha solo sedici anni, ma è ben “noto agli uffici”, come si dice in gergo.