Fiat Pandina

Tornano le “utilitarie”: termiche o ibride restano in prima linea. Stellantis schiera Fiat nel ruolo storico: lunga vita alle essenziali Pandina e 500

di Alessandro Marchetti Tricamo
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Piccola è l’Italia. «Gli americani vivono in automobile, gli inglesi e i francesi si servono dell’automobile, gli italiani adorano l’automobile», così scriveva la rivista Quattroruote nel 1957. Un amore nato con le piccole o meglio, con quelle che all’epoca si chiamavano utilitarie: vetture dalle dimensioni ridotte, poco costose e dai consumi limitati al minimo. Sostenibili per nascita. Lo sa bene Carlos Tavares che, appena nominato ceo del gruppo Stellantis, disse di voler studiare subito la storia dei marchi italiani, in particolare Fiat che di anni ne ha 125 (fra pochi giorni) e da troppo tempo è nell’angolo meno luminoso del mercato. Non è un caso allora che il futuro da questa parte delle Alpi ridisegna il passato ma non lo rivoluziona e le piccole restano protagoniste. Parliamo di Fiat 500, un modello senza tempo, uno stile che da solo è definizione di design: a fine 2025 arriverà in versione ibrida sulla base della 500e e sarà prodotta – con una previsione di circa 125mila unità anno - nello stabilimento di Mirafiori. Storia nella storia. 

Ma è forse sulla Panda che Fiat e Stellantis si giocano molto. E lei - dopo più di 8 milioni di unità vendute dal 1980 ad oggi – nei prossimi mesi allarga la famiglia con un nuovo modello, la Grande Panda: linee semplici e tese che richiamano la prima generazione di Giorgetto Giugiaro, va a cercare spazio nel segmento B, cuore del mercato italiano che vale oltre il 45% delle vendite. Anima tecnologica della Grande Panda è la “Smart Car Platform” già utilizzata da altri modelli del gruppo (vedi Citroen C3, C3 Aircross e Opel Frontera), una piattaforma “multi-energia” che le consente di avere una versione completamente elettrica, ottimizzando economie di scala e costi. Lo stabilimento produttivo è quello serbo di Kragujevac.

La lunghezza per un solo centimetro rimane sotto i 4 metri ma l’abitabilità è per le famiglie di una volta (5 persone) con un’attitudine da cittadina che non disdegna weekend al mare. I colori, assicurano da Torino, sono divertenti e vivaci, a cominciare dal giallo delle prime immagini. Caratteristico il frontale che si concede al mondo digitale degli anni 80 della prima Panda: una punteggiatura di pixel bianchi che corre sulla mascherina alta nera e lucida fino ai fari. I riferimenti non finiscono qui: il disegno degli stessi fari è ispirato alle finestre dello stabilimento del Lingotto, così come la scritta Panda in rilievo 3D sulla parte inferiore della fiancata è un omaggio ad un altro grande classico di famiglia, la versione 4x4. I passaruota robusti fanno bella mostra sul profilo laterale e si coniugano con un effetto di grande personalità ai cerchi da 17 pollici stilizzati dal disegno a X.

La famiglia della piccola Fiat continua a comprendere l’attuale Panda che proprio in questi giorni diventa Pandina (confermata a Pomigliano fino al 2030) e si arricchisce di una serie di sistemi di assistenza alla guida (ADAS) di classe superiore: frenata automatica di emergenza, mantenimento della carreggiata, rilevatore di stanchezza, riconoscimento dei segnali stradali e cruise control. Oltre a una nuova strumentazione digitale da 7 pollici e un touchscreen con Apple CarPlay e Android Auto sempre da 7 pollici. La sfida alle piccole italiane arriva ormai soprattutto dall’Asia. A cominciare dalle coreane che non a caso occupano il terzo e quarto posto della classifica delle più vendute del segmento A dopo Panda e 500: la Hyundai i10 (oltre 7mila unità nei primi 5 mesi dell’anno) e la Kia Picanto (più di 4.500 unità). Anche in questo caso un contenuto tecnologico ereditato da auto più grandi, uno stile giovane e europeo abbinato a dimensioni compatte che garantiscono parcheggi facili, motori molto parchi e, per chi non si accontenta, versioni sportive per non aver compromessi in termini di divertimento alla guida. Difficile in città voler di più. 

Chi invece tra le piccole ha spostato l’asticella più su – e non solo per altezza della posizione di guida – sono i giapponesi di Suzuki e Toyota con i mini suv del segmento A, una nicchia che in Italia vale oltre 35mila auto l’anno (circa il 2% di quota di mercato). Ha iniziato la Suzuki Ignis con un’immagine ora più off-road e un’offerta unica grazie alla possibilità di scegliere anche la trazione integrale, oltre a una tecnologia ibrida leggera (mild hybrid) e al cambio automatico CVT. L’offerta si è allargata con la Toyota Aygo X, pensata, progettata e prodotta in Europa per l’Europa: «Il segmento A è molto importante per noi. Non solo ha portato molti nuovi clienti in Toyota, ma è inoltre fondamentale nella nostra missione di fornire a tutti la giusta soluzione di mobilità», le parole di Andrea Carlucci, Vice Presidente Product & Marketing, di Toyota Motor Europe. Una soluzione realizzata con linee da moderno crossover urbano sintetizzate in una lunghezza di 3,7 metri, con un valore aggiunto da spendere in città: un raggio di sterzata di appena 4,7 metri. Girare in un fazzoletto di asfalto per rendere tutto più facile. Lunga vita alle piccole.

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Sabato 29 Giugno 2024 - Ultimo aggiornamento: 10:20 | © RIPRODUZIONE RISERVATA