Stellantis chiude l'accordo con il partner cinese Leapmotor che da settembre porterà le sue auto in Europa, in nove Paesi tra i quali l'Italia con una rete di 200 venditori. I punti vendita arriveranno a 500 entro il 2026. L'intesa, presentata ad Hangzhou, sede del partner cinese, prevede l'acquisizione del 21% di Leapmotor per circa 1,5 miliardi di euro. E' un tassello importante della strategia di Carlos Tavares per fronteggiare la concorrenza cinese sul fronte delle auto elettriche, ma nessuna indicazione viene data dall'amministratore delegato sulla possibilità di produrre in Europa. «Con Leapmotor valuteremo caso per caso se esportare dalla Cina o usare gli stabilimenti produttivi di Stellantis nelle varie regioni», spiega in una call con i giornalisti europei. «Stiamo creando delle 'bolle' in ogni regione e mercato in cui porteremo i veicoli di Leapmotor, faremo poi valutazioni Paese per Paese. La cosa importante è sottolineare che siamo in grado di affrontare ogni tipo di scenario e ci regoleremo in modo flessibile in ogni regione, prendendo decisioni differenti a seconda dei vari Paesi e delle necessità di ciascun mercato», ha detto Tavares. L'obiettivo è «procedere in modo pragmatico».
«La creazione di Leapmotor International - sottolinea il manager - è un grande passo in avanti per contribuire ad affrontare l'urgente problema del riscaldamento globale attraverso modelli Bev all'avanguardia, in grado di competere con i brand cinesi nei mercati chiave di tutto il mondo. Sfruttando la nostra attuale presenza globale saremo presto in grado di offrire ai nostri clienti veicoli elettrici dal prezzo competitivo e tecnologicamente all'avanguardia, capaci di superare le aspettative». Tavares spiega che quest'anno le case cinesi conquisteranno almeno il 10% del mercato europeo. «E' un processo ormai avviato, non possiamo fermarlo. Possiamo solo inserirci in questa dinamica in corso e lo facciamo grazie a Leapmotor. Non è un cavallo di Troia, i cinesi arriverebbero lo stesso. Con la joint venture possiamo sfruttare la situazione a nostro vantaggio». Per il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso «le affermazioni di Tavares confermano le nostre analisi. E' necessario che in Italia ci sia almeno un secondo produttore automobilistico». Urso auspica quindi che Stellantis nei suoi accordi per vendere auto cinesi in Europa abbia «tenuto conto di quale sarà la prossima politica industriale europea che noi determineremo con gli altri partner, cioè una politica che tenda a tutelare la produzione europea e nazionale». «Mi auguro che ne abbiano tenuto conto - ha insistito il ministro - così come mi auguro che ci siano investimenti nel nostro Paese volti ad aumentare la produzione di veicoli» per arrivare ad «almeno un milione di veicoli».
La partnership mira anche a incrementare ulteriormente le vendite di Leapmotor in Cina, il più grande mercato automobilistico del mondo, beneficiando al contempo della consolidata presenza commerciale di Stellantis sui mercati internazionali per aumentare le vendite del brand Leapmotor in altre regioni. I modelli T03 e C10 saranno lanciati per primi, con almeno un nuovo veicolo all'anno introdotto nei mercati per i prossimi tre anni. Attenti alla partita i sindacati che continuano a sollecitare un incontro con il governo e Tavres. «Chiediamo che la produzione e l'assemblaggio dei modelli Leapmotor siano realizzati negli stabilimenti Stellantis in Italia e che sia convocato il tavolo alla Presidenza del consiglio con Tavares, così come da tempo abbiamo chiesto unitariamente» afferma Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità.
«Il susseguirsi di notizie confuse e perfino contraddittorie su Stellantis e sul possibile coinvolgimento di un produttore cinese conferma l'assoluta necessità di un incontro chiarificatore con i vertici della multinazionale e del governo» aggiunge Gianluca Ficco, segretario nazionale della Uilm. «Proprio in sede ministeriale presso il Mimit avevamo chiesto riscontri su quella che, alla luce della joint venture con Leapmotor, sembrava potesse rappresentare un'alternativa possibile per le produzioni italiane a partire da Mirafiori. In quella sede l'azienda aveva detto che nulla era stato deciso» sottolinea Rocco Cutrì, segretario generale Fim-Cisl Torino.