La strana porpora dei licheni e la misteriosa foglia d’oro, sono le sorprese che regalano le trame di pergamene antichissime, tesoro prezioso e sconosciuto delle Biblioteche Nazionale e dei Girolamini di Napoli. Porpora e oro, il Medioevo sembra segnare una “rivoluzione” anche nell’uso dei colori tradizionalmente usati per i tesori manoscritti. Lo rivelano a sorpresa le nuove indagini diagnostiche altamente sofisticate effettuate dagli specialisti del CNR.
Il gruppo di Spettroscopia Applicata ai Beni Culturali dell’Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” del Consiglio nazionale delle ricerche è intervenuto a supporto scientifico degli organizzatori della mostra “Di porpora e di luce.
Lo studio di una serie di codici purpurei e miniati che vanno dal V al XV secolo, ha rivelato l’utilizzo di inaspettati materiali pittorici, tra pigmenti inorganici e coloranti organici impiegati per la realizzazione delle miniature e per la colorazione della pergamena, compresi i metalli impiegati per le dorature e gli inchiostri. Le indagini sono state condotte nell’ambito del progetto PRIN 2020 “Purple – PURple Parchment Legacy”.
LE SCOPERTE
«Contrariamente a quanto si pensa da decenni - spiega il ricercatore Marcello Picollo dell’Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” del Cnr - la tinta purpurea della pergamena non era ottenuta dal colorante estratto dai murici, la preziosissima porpora di Tiro citata anche da Plinio il vecchio, ma dal ben più economico oricello, un colorante estratto da alcune specie di licheni, attività che al giorno d’oggi sarebbe impensabile, data l’importanza di questi organismi dal punto di vista ecologico».
«Oltre a questo dato - continua Picollo - in un manoscritto del XI secolo si trova l’uso della foglia d’oro per scrivere il testo. Mentre si sa che fino al XII -XIII secolo frequente è la polvere d’oro per scrivere. Grazie poi alle tecniche di luminescenza ultravioletta del Cnr si sono visti al margine di alcuni codici delle note forse dei committenti e dei proprietari». Per carpire i segreti di fogli di pergamena e manoscritti, sono state usate tecniche di imaging, infrarosso e luminescenza, così come tecniche spettroscopiche.
Ma nessun rischio per fogli antichi di secoli. «L’intera campagna diagnostica - spiegano dal Cnr - è stata condotta attraverso tecniche di documentazione e analitiche non invasive che hanno consentito la caratterizzazione del supporto, dei materiali pittorici e delle tecniche di esecuzione dei codici studiati senza la necessità di eseguire prelievi e riducendo al minimo il contatto con l’oggetto».