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I settori. E così dopo essere state escluse dal comitato scientifico del governo (del tutto) ed essere state coinvolte in numero ridicolo nella task-forse della ripartenza di Vittorio Colao, le donne il 4 maggio saranno in poche al lavoro e in molte ancora a casa. Riaprono manifattura, costruzioni e commercio all’ingrosso. Settori prevalentemente maschili ed è questa la ragione di quel 72,4 per cento. Il risultato che sulle spalle delle mamme finirà per pesare sempre di più il carico di cura e il lavoro in famiglia. E quando ci sarà da decidere chi dovrà fare un passo indietro per occuparsi dei figli che non vanno a scuola, la decisione in pratica è già presa: le donne, che tanto sono rimaste a casa. Sempre meno a lavorare, sempre meno a cercare lavoro e la percentuale già bassa dell'occupazione femminile in Italia (una su due lavora) rischia di crollare, una situazione che non possiamo permetterci. Nei giorni scorsi sui social è partito l'appello delle mamme che non vogliono essere costrette a tornare casalinghe.
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Per le attività che erano già aperte e per quelle che resteranno chiuse c'è un sostanziale equilibrio tra uomini e donne, anche se in quelle chiuse la percentuale femminile è leggermente superiore. Dal 18 maggio sarà il turno di commercio al dettaglio, musei e biblioteche.
I giovani. Non va meglio per i giovani, anche loro lockdown prolungato. Nelle attività che resteranno chiuse dopo il 4 maggio sono impiegate il 33,5 per cento dei giovani fino al 29 anni e il 28,5 di quelli che hanno fino a 39 anni. È particolarmente evidente lo squilibrio tra quelle che restano chiuse – dove un lavoratore su tre ha meno di 30 anni e quasi due su tre hanno meno di 40 anni – e quelle che sono aperte o riapriranno a breve, che coinvolgono le fasce più avanti con l'età. Dunque saranno donne e giovani a sopportare più a lungo la “reclusione”.
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