Le statistiche di Acea e Unrae (organismi che raggruppano i costruttori in Europa e in Italia) rivelano i dettagli di un'autentica rivoluzione. E' andata in scena nell'ultimo decennio sul fronte delle alimentazioni, dove si è registrato un crollo verticale del Diesel, vittima delle legislazioni continentali che li porranno fuorigioco in un futuro non lontano, ma anche dell'ostracismo di numerose amministrazioni e di pregiudizi che continuano a definire altamente inquinanti questi motori Euro6, mentre le ultime evoluzioni – come è stato scientificamente documentato - li hanno resi più "puliti" di quelli omologhi a benzina. Prima del crollo, i Diesel hanno a lungo dominato la scena – e non solo in Italia - con picchi assoluti nell'ultimo decennio: il top è datato 2016, quando le vendite dei veicoli con motori a gasolio hanno toccato sul nostro mercato la quota del 57,4%. Poi è cominciata una lenta ma progressiva discesa verso il 40% del 2019 e con quote sempre più giù, fino al 15,1% registrato nel primo trimestre di quest'anno.
Il Diesel non sembra dunque avere futuro a lungo termine, sebbene molti costruttori lo stiano parzialmente rivalutando per questi anni di transizione verso l'elettrico, confidando magari in una revisione delle normative già varate da parte del futuro nuovo parlamento continentale. In Europa, all'inizio di questo 2024, c'è stato un “colpo di coda” con il Diesel che raggiungendo il 13,4% ha superato a sorpresa le alimentazioni a batteria scese all'11% a gennaio. Esiste tuttavia una spiegazione, ed è legata alla fine degli eco-incentivi in Germania e all'altalena estenuante che ha accompagnato quelli annunciati in Italia. Sul nostro mercato, nello stesso periodo, il Diesel ha rappresentato il 15,4 per cento mentre le elettriche si sono fermate al 2,1 per cento.
In ogni caso non è stato l'elettrico puro (vetture Bev o Ev) a occupare gli spazi di mercato lasciati “liberi” dai motori a gasolio, semmai ne hanno parzialmente approfittato le varie formule di ibrido, in particolare “mild” e “full” tradizionale che non implicano ricariche alla spina. I dati del primo trimestre rivelano che, sul fronte delle auto full-electric, fra i cinque mercati chiave in Europa il Regno Unito è stato l’unico a crescere (+10,4%) mentre la Francia flette dell’1,5%, l’Italia del 3,7%, la Spagna del 4,7% e la Germania del 6,2%. L’Italia, che a marzo è scesa al quarto posto fra i cinque paesi dominanti per volume di immatricolazioni, e nel trimestre ha occupato la terza posizione, è maglia nera nel segmento delle vetture “con la spina” (ECV) che comprende anche le ibride. Ha una quota totale ferma al 6,8% (3,3% per le Bev full-electric e 3,5% per le Phev ibride ricaricabili). E in questo "indicatore della transizione" il divario con gli altri cinque grandi mercati resta notevole.
Tra le ibride, il moltiplicarsi delle vetture con tecnologia “mild” è un fenomeno che fa ormai tendenza e piace ai consumatori: le prime comparse sul mercato grazie a un'intuizione di Suzuki non consentivano di percorrere nemmeno un metro in elettrico, ma l'introduzione delle successive "mild" a 48 V con motorino integrato nel cambio ha cambiato lo scenario, consentendo di utilizzare l'energia aggiuntiva, oltre che per un boost di coppia, almeno per piccole manovre, magari di parcheggio. E poi resiste l'ibrido classico, quello lanciato per prima da Toyota con la Prius, che è a sua volta evoluto e può risultare conveniente specie per chi si muove molto nelle aree urbane.