La Peugeot 308 Racing Cup provata sul circuito Ascari

Peugeot 308 Racing Cup, nata per correre. L'abbiamo provata in esclusiva sul circuito Ascari

di Nicola Desiderio
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RONDA – Emozioni da corsa. A cominciare dai nomi. Questo è il programma della giornata sul circuito Ascari dove abbiamo avuto la possibilità di provare in esclusiva la Peugeot 308 Racing Cup, versione messa a punto da Peugeot Sport per i vari campionati turismo, tra i quali il FESA, il VLN e il TCR che sta riscuotendo successo sempre maggiore anche in Italia. L’obiettivo è stabilire un legame mentale ed emotivo con la 308 GTi, ma è pur vero che quello tecnico è davvero stretto, a cominciare dal fatto che tutte e due passano per le mani di uno dei reparti sportivi più capaci e vincenti tra quelli che fanno capo a costruttori generalisti. A ricordarcelo ci sono alcune auto da corsa che hanno fatto la storia del Leone tra cui la 205 T16 con motore centrale di Gruppo B che vinse nel 1985 e 1986 il titolo mondiale costruttori e piloti prima con Timo Salonen e poi con Juha Kankkunen.

Voglia di correre. E di vincere. WRC, WRX, i vari monomarca, i rally nazionali, senza contare la Formula E e il passato – e forse il futuro – nei campionati di durata sono il migliore biglietto da visita per un gruppo di lavoro che, quando vuole competere, sa come farlo e mira a vincere. La 308 Racing Cup è un auto da corsa in tutto e per tutto e guidarla esige abbigliamento e preparazione specifica. Dunque tuta, guanti, scarpe, casco e sottocasco. Non è il massimo con 38 gradi all’ombra e poi bisogna ascoltare quello che ci diranno i piloti. A parlarci a fianco di una lavagna è Nino, francese di origini italiane, fisico da fantino e buon inglese. Alla fine, non può che raccomandare attenzione ma, più che prudenza, equilibrio nel non voler strafare.

Ci guarda dritto negli occhi, convinto di avere di fronte professionisti veri e, per allentare un po’ l’attenzione alla fine ci esorta “Per favore, non morite” suscitando una risata liberatoria e raccomandando anche la propria incolumità visto che, per l’occasione, ci siederanno a fianco nei tre giri di pista che ci attendono. Eppure, non appena usciamo sulla linea di box, c’è un avvoltoio che volteggia sulla zona più veloce del circuito. Ma anche questo suscita ilarità tra chi ha notato l’uccello e non è disposto a concedere neppure un centimetro ai cattivi presagi, anche perché dobbiamo divertirci. E così sarà.

I crismi della race car. La vettura è messa giù cattiva, a cominciare dall’assetto, visibilmente più basso, e dagli pneumatici slick con cerchi a 5 razze doppie da cui si intravvedono i freni con dischi baffati e pinze AP Racing a 6 pistoncini. Davanti ci sono lunghe labbra che sigillano i flussi d’aria verso le prese inferiori e ce n’è persino una sul tetto. Il cofano è tenuto da due fermi supplementari per lo sganciamento veloce e sono ben visibili anche i parafanghi allargati, ma soprattutto si vede il grande alettone posteriore.

Il motore è l’1,6 litri di serie appositamente preparato, secondo i regolamenti, per erogare 308 cv. Un caso o un modo per scrivere 308 anche sulla scheda tecnica. La francese dentro è spogliata praticamente di tutto per portare il peso a 1.100 kg che abbassa il rapporto peso/potenza a 3,76 kg/cv, roba degna di una Porsche. Non ci sono ESP né ABS, spariscono plancia e sedili per fare posto ad un solo guscio da corsa, regolabile solo longitudinalmente, e al rollbar che si dipana come una gabbia a contatto con il metallo vestito solo di vernice e obbliga a vari contorsionismi e movimenti da primate per entrare ed uscire.

Pronti, partenza… via! Di fianco abbiamo il sorriso di Charlotte che infila lo spinotto dell’interfono nel casco e fa due domande. Mi senti?” e “Hai mai guidato un’auto da corsa?” La risposta è affermativa in entrambi i casi, ma alcune spiegazioni sono di prammatica, non prima aver allacciato le cinture a 4 punti e trovato la giusta distanza tra la pedaliera e il volante. Di fronte al pilota c’è solo la strumentazione minima, con contagiri e indicatore delle marce, e di lato una serie di comandi tra cui il cursore per avviare la pompa. Si solleva e l’auto è talmente vuota che il ronzio sembra produrre quasi un’eco.

Una volta che l’impianto di alimentazione va in pressione, tutto si ammutolisce e si può premere il pulsante start e poi quello box, che taglia la potenza del 30% e limita la velocità per pecorrere la pit lane. Il cambio ha i comandi al volante con due palette in metallo e fibra di carbonio. Bisogna premere una frizione granitica, tirare la leva di destra, accelerare e dosare con il piede sinistro che, da quel momento in poi, può andare a riposo. La prima è lunga e il pedale stacca in alto, ma si parte e, non appena si esce dalla corsia, si preme il pulsante Race e si può cominciare.

Le sensazioni forti della pista. Abbiamo appena finito di girare con la 308 GTi da 270 cv e, l’ansia di stabilire analogie e confronti è dilaniata dalle nuove sensazioni, decisamente più forti, per tutti i sensi. Il motore tira ed urla forte, ma non è brutale, il cambio invece è secco e il pedale del freno (senza servofreno) va premuto con decisione restituendo una decelerazione che si può sentire nella pancia e sulla testa. Charlotte osserva, parla, dà consigli, elogia ogni manovra esatta ed emenda ogni manovra sbagliata, ma non deve certo esortare a spingere anche perché la 308 Racing Cup infonde subito sicurezza e non c’è molto tempo da concedere allo studio di una pista davvero bella, che richiede impegno, ma si lascia conoscere senza nasconderti niente. Il consiglio di Charlotte è di cercare di frenare più forte prolungando in inserimento, prendere le curve più alla larga e poi dare gas gradualmente senza esagerare con lo sterzo, decisamente più diretto e senza il filtro della servoassistenza.

La sfida contro se stessi. Alla fine la 308 Racing Cup va talmente veloce che ci sembra di essere sempre andati troppo piano. Allora si prova a frenare più tardi e ad accelerare prima. Charlotte dice che va bene, ma occorre essere meno incisivi con lo sterzo. Lo dice una volta, sta per dirlo una seconda e alla curva più stretta, prima di una controcurva in salita seguita da banking e discesa, la macchina da corsa chiede il conto al dilettante e si intraversa. Colpo di controsterzo, ma non c’è niente da fare: testacoda dei più innocui.

Nessun timore: è come sbucciarsi al primo giro in bicicletta senza rotelle. Basta rimettersi subito in sella e riprovare. La vettura non si è neppure spenta e siamo pronti a ripartire. Abbiamo ancora qualche curva prima di sollevare il piede destro, premere di nuovo il pulsante Box e imboccare la pitlane. La sudata è stata tanta, ma ne è valsa davvero la pena. Procedura inversa. Charlotte ci stringe la mano e ci sorride, spegne per noi la vettura, sfila lo spinotto dall’interfono del casco e qualcuno ci aiuta a slacciare le cinture e ad uscire dall’abitacolo. È il momento di spogliarci e di ricordare e riordinare emozioni e ricordi. Tanto un altro giro non ce lo faranno fare.
 

 

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Mercoledì 4 Luglio 2018 - Ultimo aggiornamento: 05-07-2018 11:33 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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