Wolfgang Porsche con il modello celebrativo

Un milione di 911. Porsche festeggia l'importante traguardo del suo modello più famoso

di Nicola Desiderio
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STOCCARDA - «L’ultima auto prodotta sarà una sportiva», è la profezia di Anton Ferdinand “Ferry” Porsche che di certo non pensava che il simbolo della casa, fondata nel 1931 dal padre Alexander Ferdinand, sarebbe stato ancora l’auto progettata dal figlio Ferdinand Alexander detto “Butzi”. Quell’auto è la 911 e recentemente è stato prodotto il suo milionesimo esemplare dopo 54 anni di storia che, nel bene e nel male, hanno segnato il destino di un costruttore oggi dedito più ai Suv che alle sportive, ma che continua a fare delle prestazioni e dei trionfi il proprio supremo ideale.
 

La 911 numero 1.000.000 è una Carrera S in tinta Irish Green e l’asfalto non l’ha visto neppure in cartolina perché è stata portata direttamente al Museo Porsche, a memento di una storia a sei zeri cominciata, per ironia della sorte, con uno zero di troppo. Quando infatti fu presentata al Salone di Francoforte del 1963, sul cofano posteriore c’era scritto 901. Porsche infatti aveva battezzato la nuova nata, come era sua abitudine, con il numero di progetto ma, così facendo, si attirò gli strali della Peugeot.

La casa tedesca infatti, già da allora, era solita denominare le proprie vetture con un numero a 3 cifre con lo zero per quella centrale e, per cautelarsi, aveva anche brevettato in patria tale formula commerciale. A Stoccarda non fecero una piega e, con teutonico pragmatismo, tolsero lo zero e ci misero l’uno. Era nato un mito, ulteriormente consacrato dalle stranezze di un’auto che, almeno sulla carta, non avrebbe potuto battere le altre sportive. La 911 infatti era – ed è – una 2+2 con motore posteriore 2 litri a 6 cilindri contrapposti raffreddato ad aria da 130 cv e la sua guida era perlomeno problematica.

Ma fu proprio questo carattere unico a decretarne il successo e la formazione di un nucleo di appassionati intransigenti, veri e propri “pasdaran” di un’idea che sulla carta sembrava sbagliata e invece sulle piste aveva già iniziato a mietere vittorie. Oggi se ne contano circa 30.000 tra cui quelle alle 24 Ore di Daytona e Le Mans e alla Targa Florio, a conferma del motto “in ogni Porsche c’è un’auto da corsa”.

Non a caso la prima versione scoperta della 911 si chiama Targa e aveva solo la parte centrale del tetto asportabile mentre la prima vera cabriolet con la capote arrivò solo nel 1982. Anche il nome Carrera, associato alla 911 dal 1973, deriva dalla Carrera Panamericana, corsa che attraversava in lungo tutto il Messico e dove tuttavia la Porsche ottenne in cinque edizioni solo un terzo posto nel 1954 con un certo Hans Herrmann, il pilota che nel 1970 avrebbe portato a Stoccarda la prima delle 19 vittorie conquistate a Le Mans. Ed era proprio questo a conquistare delle 911: profumavano di pista e di alloro, ma ci potevi andare a fare un viaggio e anche la spesa senza problemi di spazio, con un comfort ragionevole e senza la paura di rimanere per strada.
 

 

Tutte verità confermate dalle statistiche e dalle oltre 700mila 911 ancora circolanti tra cui la 911 Turbo del 1976 di un certo Bill MacEachern, un commerciante di tappeti canadese, il cui tachimetro segna 735.000 miglia (1.174.000 km!) mentre a febbraio negli Usa è apparso un annuncio di vendita per una 911 Turbo del 2002 con 590mila miglia (950mila km) sulle ruote. Ma proprio questa sua immutabilità ha rischiato di essere mortifera per se stessa e tutta la Porsche.

Quando infatti a metà degli anni ’70 la 911 cominciò sentire il peso degli anni, a Zuffenhausen pensarono che un solo modello non bastava e gli affiancarono prima la 928 con motore 8 cilindri e poi la 924/944 a 4 cilindri. Auto celebrate dalla stampa per le loro doti, ma che ricevettero un vero e proprio veto dagli appassionati: l’unica vera e unica Porsche è la 911. E quando nel 1998 fu presentata la generazione 996 con motore raffreddato ad acqua, poco ci mancò che non scoppiasse la rivoluzione.

Una riconoscibilità così forte rischiava di trasformarsi in una maledizione che la Porsche cercò di esorcizzare moltiplicando all’inverosimile le versioni della 911 e facendola evolvere mantenendo sia il motore boxer 6 cilindri posteriore sia l’aspetto che, in modo quasi miracoloso, ha mantenuto i canoni originari. Ed è proprio muovendosi da quest’ultimi e fidando sulle sue capacità tecniche, la Porsche ha saputo poi rompere l’incantesimo: dapprima nel 1996 con la Boxster, e poi via via con la Cayenne, la Cayman, la Panamera e infine la Macan con vendite che puntano ormai a 250mila unità all’anno. Di queste, solo 30mila saranno 911, ma la Porsche più importante rimane lei perché, parafrasando l’antico motto, in ogni Porsche c’è una 911.


 

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Lunedì 9 Ottobre 2017 - Ultimo aggiornamento: 10-10-2017 13:23 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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