Il pianale di un'auto elettrica

Rivoluzione auto, l’architettura elettrica trasforma i veicoli: le nuove piattaforme nascono intorno alle batterie

di Nicola Desiderio
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 ROMA - L'automobile elettrica cambierà l’automobile, non solo perché ha un motore modificato, ma perché sarà pensata e sviluppata in modo completamente diverso a partire dalla sua base fondamentale ovvero la piattaforma che dagli esperti viene chiamata anche pianale o architettura. Con tale accezione si indica l’insieme degli elementi tecnici e dei componenti preposti per dare origine a modelli diversi per tipologia, caratteristiche, dimensioni e prestazioni, in particolare con le piattaforme modulari di ultime generazione, concepite per creare un numero elevatissimo di varianti. Tale flessibilità è stata utilizzata anche per ospitare più forme di propulsione, ma molti costruttori si sono accorti che per liberare tutto il potenziale dell’auto elettrica sono necessarie piattaforme specifiche, capaci di esaltare tutte le caratteristiche proprie di questo tipo di propulsione.

La prima grande casa a sviluppare un’architettura elettrica nativa è stata la Volkswagen con la MEB, acronimo del tedesco Modularer E-Antriebs-Baukasten che in italiano suona come “kit di strumenti modulari per trazione elettrica”. Sembra si parli di una scatola di costruzioni, ma in realtà si tratta di un giocattolo da decine di miliardi di euro, capace di generare almeno 27 tra Volkswagen, Audi, Seat e Skoda soltanto contando i modelli previsti fino al 2022. Dunque investimenti enormi che dovranno essere spalmati su milioni di automobili e che possono decidere del successo o del fallimento di una strategia.

Per questo, anche Ford utilizzerà la MEB dal 2023 per ricavarne tre modelli per l’Europa mentre per la sua Mustang Mach-E ha sviluppato autonomamente la GE-1 (Global Electric 1). La differenza fondamentale tra le piattaforme tradizionali e quelle elettriche è che sulle prime si parte dalla posizione del motore e degli organi meccanici mentre sulle seconde il punto di partenza è la batteria. I motivi sono semplici. Per avere 550 km di autonomia su un’auto come la Volkswagen ID.3 ci vuole mezza tonnellata di batteria che vale il 40% del costo di un veicolo più corto di una Golf, ma con il passo e l’abitabilità di una Passat.

Questo risultato si ottiene posizionando un componente così grande e prezioso sotto il pavimento della vettura, nella parte più bassa, robusta e meno esposta così da proteggerlo in caso di incidente e liberare il massimo dello spazio utile compensando il maggior peso con un bilanciamento perfetto sui due assali e un baricentro basso come quello di una supersportiva. La forma finale di tale piattaforma è uno skateboard con le ruote che permette al progettista più libertà e al designer nuove possibilità espressive. Da questo punto di vista, l’auto elettrica assomiglia all’automobile degli albori, quando la struttura non era autoportante e il telaio era separato dalla carrozzeria. Così i vari Pininfarina, Bertone, Ghia e Zagato potevano proporre le loro mirabili interpretazioni mantenendo inalterata la radice meccanica. Oggi solo i vincoli legislativi e di costo sconsigliano tali livelli di personalizzazione sulle auto basate su piattaforme a skateboard, ma si svilupperà presto il segmento dei cosiddetti VOD (Vehicle On Demand), ovvero aziende che acquistano grandi flotte di mezzi realizzati su misura per le proprie esigenze partendo da una base comune. E come una volta si tornerà alla trazione posteriore perché i motori elettrici, molto più compatti di quelli a scoppio, sono posizionati dietro così da poter scaricare meglio la potenza, avere una frenata più efficace e ricavare più spazio abitabile

Per avere la trazione integrale, basta mettere un altro motore di fronte eliminando del tutto cambio e alberi di trasmissione. Oltre alla MEB, il gruppo Volkswagen ha preparato la J1 per la Porsche Taycan e la E-tron GT inoltre sta sviluppando la PPE (Premium Platform Electric), destinata a marchi premium e a modelli di alte prestazioni come Audi, Porsche e Bentley, ma nel frattempo adatta la MLB Evo per i suv E-tron. Mercedes ha seguito un criterio simile e, per la prossima generazione delle sue auto elettriche, ha pronte la EVA (Electric Vehicle Architecture) per i modelli di grandi dimensioni, come le prossime EQS ed EQE, e la MMA per quelli compatti. Nel frattempo continuerà ad adattare le piattaforme esistenti (MRA, MHA e MFA) per le varie EQC, EQA ed EQB. BMW invece punta sulle sue raffinate CLAR per le medie e grandi e UKL per le compatte così da accompagnare la transizione offrendo al cliente (Power of Choise) diverse forme di elettrificazione (mild-hybrid, plug-in hybrid ed elettrico).

Orientamento simile sia per Volvo, che conta sulla sua CMA (Compact Modular Architecture) per arrivare a vendere il 50% elettrico entro il 2025, sia per Jaguar Land Rover con la MLA (Modular Longitudinal Architecture) che debutterà a breve sulla nuova XJ. Viceversa, PSA ha capito che per il futuro non basta la CMP “multienergia” delle varie Peugeot 208 e 2008, Opel Corsa, DS3 Crossback e Citroën C4 e per il 2023 sta preparando la eVMP (electric Vehicle Modular Platform) che ovviamente sarà messa a disposizione di tutti marchi del nuovo gruppo Stellantis dopo la fusione con FCA. Toyota, dopo oltre 20 anni di ibrido, è pronta a fare il grande salto con la piattaforma e-TNGA (electric - Toyota New Global Architecture) studiata insieme a Subaru. Ospiterà batterie da 50 a 100 kWh, potenze da 100 a 300 kW ed è l’unica a poter fare da base per vetture a trazione anteriore, posteriore o integrale.


Anche l’alleanza Renault-Nissan, dopo 10 anni di esperienza con l’elettrico, è approdata alla CMF-EV (Common Module Family - Electric Vehicle) che ha debuttato sulla Nissan Aryia: ha trazione posteriore o integrale, potenze da 160 a 290 kW e batterie da 65 o 90 kWh. Innovativa la Ultium di General Motors. Può essere adattata a berline compatte fino a mostri come il nuovo Hummer EV da oltre 1.000 cv. La sua carta vincente sono le batterie, con capacità da 50 a 200 kWh, che possono essere composte da 8 o da 24 moduli, sistemati anche su due livelli con celle messe in senso longitudinale o trasversale, verticale o orizzontale grazie alla gestione wireless che taglia del 90% i cablaggi e libera il 15% di spazio in più.

La Ultium farà da base a 30 modelli dei marchi GM e anche a tre Honda per il mercato nordamericano. Anche la nuova e-GMP (electric - Global Modular Platform) di Hyundai ha caratteristiche particolarmente avanzate e farà da base a una ventina di modelli anche con i marchi Kia e Genesis con potenze fino a 450 kW e uno 0-100 km/h in 3,5 secondi. Ma l’innovazione più interessante è la possibilità di poter ricaricare direttamente un’altra auto alla spina o di alimentare una lavatrice o un televisore. Finora la ricarica bidirezionale era possibile solo tra veicolo e rete attraverso software e protocolli specifici invece così l’energia apparterrà solo a chi ricarica e utilizza la vettura.
Un nuovo concetto per nuovi modelli di comportamento che sarebbero impossibili con un’auto semplicemente dotata di batteria, ma sono già realtà con un’auto pensata partendo dalla batteria.

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Sabato 23 Gennaio 2021 - Ultimo aggiornamento: 24-01-2021 20:44 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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