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BRUXELLES - C’è solo lei nel cuore dell’Europa. In Belgio infatti c’è rimasto un solo costruttore di automobili ed è proprio a Bruxelles dove viene costruita lei: la prima auto elettrica di Audi. Si chiama E-Tron, come si chiameranno di cognome tutte le auto a batteria del costruttore di Ingolstadt che ha scelto la città simbolo dell’Unione Europea per iniziare questa nuova avventura industriale, in uno stabilimento tanto ricco di innovazione quanto di storia. La sua nascita infatti affonda le sue radici nel 1949 per iniziativa della famiglia D’Ieteren, che vi assemblava auto americane: Ford, Chevrolet e anche Studebaker fino a quando arrivarono le Porsche e la Volkswagen che comprò l’impianto nel 1970 per farci Maggiolino, Bulli, Passat, Golf, Polo e anche la Lupo. Erano gli anni d’oro dell’automobile in Belgio quando, grazie anche ad altri costruttori, si fabbricavano 1,5 milioni di pezzi su una popolazione di 9 milioni. Dal 2010 questo stabilimento è solo Audi e vi sono state prodotte ben 910mila A1 fino al I agosto del 2018, quando si è trasferita a Martorell lasciando campo aperto alla E-Tron.
Non prima essere stato letteralmente abbattuto, ricostruito e attrezzato per essere la degna magione di un prodotto altamente innovativo come la E-tron. Sul tetto sono stati poi installati 37.000 mq di pannelli fotovoltaici, sufficienti per produrre 3mila MWh di energia elettrica e risparmiare all’atmosfera ben 700 tonnellate di CO2 ogni anno. Questo ed altri progetti ambientali rendono “carbon neutral” la prima fabbrica al mondo capace di produrre sotto lo stesso tetto un’auto ad emissioni zero ed il suo cuore, ovvero la batteria. Proprio per questo, sono stati messi a punto processi logistici e produttivi davvero innovativi che l’Audi ci ha mostrato per la prima volta.
Allo stabilimento di Bruxelles lavorano quasi 3mila persone che parlano francese, tedesco e olandese e ogni giorno confluiscono oltre 3mila diversi componenti che provengono da 675 fornitori. Tra questi, c’è la merce più preziosa di tutte: le celle agli ioni di litio. Le produce la coreana LG Chem, sono del tipo a sacchetto e per fare una batteria della E-tron ce ne vogliono 432, radunate a dozzine in 36 moduli grandi come scatole da scarpe e poi inseriti nella struttura in acciaio e alluminio che, una volta finita, pesa ben 706 kg ed è imbullonata da sotto alla scocca. All’interno ci sono 672 connessioni e ci vanno 95 kWh, una quantità d’energia che potrebbe alimentare un appartamento per 10 giorni e che invece è sufficiente per 400 km di autonomia. Per metterla subito alla prova, la batteria finita viene sottoposta ad uno stress test con cicli di ricarica fino a 300 kW, il doppio dei 150 kW della E-tron che al momento sono un record tra le auto elettriche. Alla fine del ciclo, la batteria ha il 45% di carica che rappresenta il livello massimo per assicurare la sicurezza sulla linea di montaggio. Ma la parte più interessante è come ci arriva. Dopo essere state prodotte infatti, le batterie vengono portate da carrelli robot a guida autonoma in una stanza dove c’è un enorme scaffale in grado di ospitarne ben 80. E con la stessa precisa flemma, altri robot a guida autonoma arrivano, ne prelevano una e la trasportano fino al punto in cui avviene il “matrimonio” con la scocca e solo nel momento in cui tutto è pronto. Si chiama “just-in-time” ed è un’invenzione giapponese, come del resto vengono dal Sol Levante tutti i termini che riguardano la produzione come “muda” (spreco), kanban (cartellino) e “andon” (tabellone). Quanto al primo, basti dire che gli operai, quando vanno in pausa, spengono la luce nel loro reparto.
L’ultimo segnala l’avanzamento della produzione, non solo visivamente ma anche acusticamente attraverso brevi melodie: se ci sono intoppi, prima si cerca di risolverli e, se necessario, si fermano le linee. «Noi però non abbiamo problemi!» afferma perentorio Patrick Danau, il direttore di produzione che tra qualche mese andrà in pensione dopo aver curato questa delicata fase di transizione che per Audi rappresenta un passaggio epocale. Sui volumi invece tiene la bocca cucita e non conferma le voci che parlano di 20mila ordini però afferma che tutto sta andando secondo i tempi previsti. In Italia sono già 200 le persone che già la guidano o l’attendono. A occuparsi nel prossimo “ramp-up” – la fase nel quale il processo produttivo viene portato a regime – sarà il suo successore che si occuperà della E-Tron Sportback, un Suv coupé che condivide con la sorella praticamente tutto, compresa la potenza di 300 kW sprigionata dai due motori. Ci penseranno invece altri stabilimenti a produrre la sportiva GT E-tron, il Suv compatto Q4 E-tron e poi un quinto modello elettrico ancora top secret. La E-tron insomma non rimarrà sola nel cuore dell’Europa.
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