Donn’Anna, a Napoli il gigantesco bacino galleggiante: base per il refit d’imbarcazioni civili e militari, anche superyacht
Napoli continua a dimostrarsi in grado di proporsi all’attenzione del mondo per i successi nello sport, nel turismo, nel food, nella proposta culturale, nella riqualificazione delle periferie e nelle ambizioni (dopo l’assegnazione della Coppa America di vela si continua a parlare, sia pure sotto traccia, anche della possibilità di candidare la città a sede di un Gran Premio di Formula 1). Tutto ciò produce effetti insospettabili in molti ambiti. E tra questi riesce a imporsi all’attenzione generale anche la nautica, sia sul versante diportistico, sia su quello legato alla marina mercantile e alle attività portuali.
Entrambi gli ambiti, com’è noto, non sono esenti da problemi di stretta attualità (mancanza di posti barca per il diporto, polemiche per l’avvicendamento al vertice dell’Autorità portuale per il resto), ma sono anche – al di là del ruolo di vertice su scala mondiale che occupano MSC e Grimaldi Lines - al centro dell’attenzione generale per la qualità di certe imprese destinate a qualificare l’imprenditorialità e la manodopera locali, contribuendo in misura decisiva a sostenere il cambio di paradigma in atto a Napoli, con la città proiettata verso mete insospettabili.

La più recente novità, su questo fronte in parte ancora da scoprire, si chiama Donn’Anna, nome di un gigantesco bacino galleggiante lungo 143 metri, largo 30 e con una capacità di sollevamento fino a 6.000 tonnellate. Lo ha acquistato Piloda Shipyard, colosso napoletano del settore rivelatosi in grado di compiere uno straordinario salto infrastrutturale per il refit navale nel Mediterraneo.
Definito “infrastruttura strategica per armatori pubblici, privati e commerciali” e concepito per rispondere anche alle crescenti necessità del comparto militare, il bacino galleggiante Donn’Anna viene giudicato come “un'evoluzione infrastrutturale di rilievo per l’intero comparto cantieristico italiano e uno strumento decisivo nella trasformazione del porto di Napoli in un hub strategico per il refit di navi tra 130 e 143 metri, segmento finora scarsamente servito nel Mediterraneo”.

Il bacino è giunto a Napoli dalla Turchia al termine di una traversata di oltre 1.000 miglia nautiche, coordinata da Cafimar, in collaborazione con la controllata Somat, leader nel rimorchio tecnico navale. “Rimorchiare una struttura lunga 143 metri, con una portata di 6.000 tonnellate, è un’operazione complessa e ad altissima specializzazione” ha dichiarato Gian Paolo Russo, amministratore delegato del Gruppo Cafimar. E ha aggiunto: “Il bacino è stato predisposto in modalità dry tow, con una distribuzione millimetrica della zavorra all’interno delle casse longitudinali, mantenendo assetto e stabilità entro tolleranze sub-centimetriche. La traversata, condotta a una velocità controllata di 5 nodi, ha previsto un monitoraggio meteo costante, controllo attivo delle pompe e gestione dei sistemi di rinforzo strutturale”.
Donato Di Palo, CEO di Piloda Shipyard, da parte sua ha tenuto a dire che “l’arrivo del bacino Donn’Anna rappresenta una svolta per il porto di Napoli e per l’intero sistema industriale campano. Grazie a questa infrastruttura, il nostro scalo acquisisce una capacità senza precedenti nel Mediterraneo per il refit di navi medio-grandi, migliorando la competitività e l’attrattività del porto. Ci aspettiamo un incremento significativo del traffico tecnico e di manutenzione, con importanti e positive ricadute economiche sull’indotto e sull’occupazione. Una scelta strategica che posiziona Napoli come vero polo dell’economia del mare”.
Donn’Anna sarà dunque operativo per navi militari e pubbliche (Marina Militare, Guardia Costiera, Vigili del Fuoco, Autorità portuali); unità offshore, rimorchiatori d’altura, e anche navi commerciali, traghetti e superyacht oltre i 70 metri. Durante le fasi di maggiore operatività, la struttura potrà coinvolgere fino a 180 addetti diretti e indiretti, contribuendo significativamente all’occupazione locale e allo sviluppo dell’indotto industriale.
In casa Piloda Shipyard dicono che il Donn’Anna è stato progettato “per offrire la massima autonomia operativa, elevata efficienza tecnica e ridotto impatto ambientale”. Tra le dotazioni principali vengono segnalati i sistemi indipendenti, ovvero due gru su rotaia da 5 tonnellate, sei argani da 5 tonnellate, gruppi elettrogeni da 320 kW, aria compressa, illuminazione e impianti elettrici autonomi, oltre a vasche integrate per la raccolta delle acque di carenaggio. E ancora: il sistema digitale integrato prevede software proprietario per la gestione in tempo reale del piano di tattica e della zavorra, che consente lavorazioni simultanee in sicurezza, riducendo i tempi di fermo nave e ottimizzando i costi.
Grazie alla gestione ambientale avanzata, il bacino dispone inoltre di sistema interno e autonomo per il contenimento e lo svuotamento fino a 50.000 litri di acque di sentina e carenaggio, eliminando la necessità di bettoline esterne e riducendo drasticamente l’impatto ambientale. In pratica – si legge in una nota dell’azienda – “il Donn’Anna si posiziona per caratteristiche e prestazioni al livello dei più noti impianti internazionali, punti di riferimento nel settore medio-grande della manutenzione navale”.
Piloda – vale la pena ricordarlo - è un colosso dell’imprenditoria da 27 anni impegnato sul fronte del refit (e non solo), e recentemente ha svolto attività di grande prestigio come i lavori di manutenzione e aggiornamento a bordo dell’Amerigo Vespucci, commissionati dalla Marina Militare. Sempre per la Marina, ovvero per la Guardia Costiera, il cantiere napoletano si è aggiudicato, al termine di una procedura negoziata che aveva preso il via lo scorso settembre, la costruzione di 4 motovedette lunghe tra 14 e 15 metri e destinate gradualmente a sostituire altri mezzi obsoleti. Come dichiarato pubblicamente dalle autorità militari “l’obiettivo del programma è avviare una semplificazione del segmento navale costiero con l’ammodernamento anche in chiave green dell’attuale ed eterogeneo parco nautico del Corpo delle Capitanerie di Porto”.
Ma non è tutto. In un cantiere allestito nel polo nautico di Torre Annunziata (alle porte di Napoli) Piloda Shipyard sta inoltre per varare un’imbarcazione da diporto tutta nuova. Il progetto è stato portato avanti nella massima segretezza, ma si sa che è stato affidato al noto designer nautico napoletano Francesco Guida (il titolare del cantiere Santasevera, ubicato nelle Marche) e che la barca si chiamerà Ad Astra 60. Presumibilmente sarà uno yacht di circa 20 metri. Per saperne di più bisognerà attendere settembre, quando è prevista la presentazione in anteprima mondiale al Salone di Cannes. Secondo indiscrezioni non confermate, in casa Piloda sarebbero interessati ad avviare anche l’attività di refit su un’imbarcazioni da diporto di grande prestigio. Ma per ora non trapela nulla di più.




