Steve McQueen sale sulla Porsche alla 12 Ore di Sebring del 1970

La 12 Ore di Sebring del 1970, quando Steve McQueen su Porsche fu beffato dalla Ferrari di Andretti

di Franco Carmignani
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La 12 Ore di Sebring del 1970, che cinquant’anni faceva parte delle più importanti gare di durata, viene ricordata soprattutto per due eventi. Sul traguardo del circuito della Florida, ricavato da un vecchio aeroporto, vinse dopo un furibondo inseguimento Mario Andretti, salito per la fase finale della corsa sulla Ferrari di Ignazio Giunti e Nino Vacarella, che hanno condiviso il successo con “Piedone”. Fu quella l’unica vittoria iridata della Ferrari 512S, deludente per il resto della stagione, con la più efficiente 512M che fece appena in tempo a cogliere un primo posto a Kyalami in Sud Africa con Jacky Ickx e Giunti, prima che il programma fosse abbandonato a favore della barchetta 312.

Ma ancor più eclatante fu il secondo posto della bianca Porsche 908 spider di tre litri di cilindrata, contrassegnata dal numero 48, guidata da un rampollo della dinastia legata al marchio Revlon e da una star di Hollywood. Non era però un’operazione pubblicitaria. Peter Revson ha fatto parte del grande circus della F1, vantando una vittoria nel Gran Premio di Gran Bretagna con la McLaren (con marchio Yardley, rivale di Revlon nel settore della cosmesi), prima del tragico incidente in prova a Kyalami.   

Terence Steven, o meglio Steve McQueen,  era al pari di Paul Newman un grande appassionato di motori. Le celebri scene in moto del film “La Grande Fuga”, tranne il salto sul reticolato, sono state interpretate dallo stesso McQueen, che aveva praticato il motocross arrivando a far parte della nazionale americana. A Sebring, tra l’altro, si era presentato  con le stampelle e il piede sinistro ingessato causa una frattura rimediata nella gara di motocross sul lago Elsinore."Abbiamo dovuto accorciare il pedale sinistro della macchina e mettere della carta vetrata sulla parte inferiore della scarpa per far entrare la frizione…” L'idea di ritirarsi, però, non gli era passata per la testa. "Avevo dato la mia parola".

McQueen e Revson sono riusciti a prendere il comando nella fase finale della gara. Alla fine sono stati superati da Mario Andretti al volante della più potente “rossa” di cilindrata e potenza superiori, ma la differenza sul traguardo è stata di soli 23 secondi, dopo 12 ore di dura competizione.
Tra le auto da corsa McQueen aveva inziato con una Speedster, per poi passare alla 356A, che anni dopo ha ricomprato da un collega dopo una lunghissima corte.
La sua attività nelle corse su quattro ruote ha attirato un po' più di attenzione, soprattutto perché occasionalmente ha condiviso la ruota con corridori di fama mondiale come Innes Ireland, Pedro Rodriguez e Stirling Moss. "Ha sempre voluto misurarsi con i migliori", ha detto suo figlio Chad.
Anche i film di Steve McQueen sono stati realizzati secondo le sue regole. Per esempio, la folle corsa sulla spiaggia con Faye Dunaway in una VW Buggy ne “Il caso Thomas Crown”.
Nella leggendaria sequenza di inseguimenti in Bullitt sui saliscendi di San Francisco era al volante lui stesso al posto di uno stuntman.

Alla 24 Ore di Le Mans, McQueen intendeva gareggiare al fianco del campione di Formula 1 Jackie Stewart su una Porsche 917. Ma, per motivi assicurativi, non se ne fece nulla. Così si è concentrato sull’omonimo film. Da tempo sognava di realizzare quel soggetto. Il film è stato più volte sull'orlo del collasso, e ha causato la fine del matrimonio con Neile Adams. Ha licenziato il primo regista, John Sturges per dissensi sulla sceneggiatura, ingaggiando al suo posto  Lee H. Katzin. Il film è uscito nel 1971 e nel tempo è diventato un cult. Steve McQueen è morto dieci anni dopo l’exploit di Sebring, il 7 novembre 1980. Richard Attwood ha detto: "Voleva essere uno di noi. Ed era uno di noi".

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Lunedì 5 Ottobre 2020 - Ultimo aggiornamento: 10:36 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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