Sticchi Damiani (ACI)

Sticchi Damiani (ACI): «La mostra della Galleria Caracciolo è un attrattore per avvicinare la gente al motorismo storico»

di Michele Montesano
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ROMA – Nel cuore della Città Eterna è stato inaugurato un nuovo spazio dedicato all’auto e al motorismo storico. Nella centralissima Galleria Caracciolo, a due passi dalla Stazione Termini e Piazza Indipendenza, l’Automobile Club d’Italia e l’ACI Storico hanno voluto allestire una mostra dedicata alla storia dell’automobile. Tale spazio vuole destare curiosità e attirare passanti e turisti offrendo loro un viaggio, attraverso l’evoluzione del design e della tecnica, delle più belle vetture realizzate dalle maestranze del nostro paese.

L’esposizione, che attualmente consta di quattro modelli quali Isotta Fraschini, OM, Lancia e Alfa Romeo, ha lo scopo di creare il culto per il bello e per il motorismo storico. Per l’occasione, abbiamo avuto l’opportunità di farci raccontare tale iniziativa direttamente dal Presidente dell’Automobile Club d’Italia e ACI Storico Angelo Sticchi Damiani. Oltre a spiegarci l’idea che ha mosso la realizzazione di tale spazio espositivo, il Presidente dell’ACI ha voluto fare un punto anche sul motorismo storico e sul restauro delle auto d’epoca.

Da dove nasce questa iniziativa?

«Questa iniziativa nasce da una serie di considerazioni, la prima riguarda lo spazio espositivo della Galleria Caracciolo che è perfetto per ospitare le nostre bellissime automobili. Tali vetture provengono dal Museo dell’Automobile di Torino (MAUTO) di cui, ricordo, noi siamo soci fondatori e, quindi, ci sentiamo far parte di questa famiglia che da 90 anni conserva queste auto straordinarie e che prosegue nel lavoro di valorizzare questo patrimonio anche con la scuola di restauro».

Come mai la scelta di utilizzare uno spazio non convenzionale?

«Volgiamo diffondere la cultura dell’auto anche in contesti non museali. Un esempio è proprio la Galleria Caracciolo, un punto di passaggio. Con questo esperimento vogliamo vedere la reazione delle persone e creare un po’ di curiosità sul tema. Se il passante incuriosito si ferma e dedica qualche minuto a osservare le vetture vuol dire che è interessato e noi abbiamo centrato il nostro obiettivo di fare cultura».

Qual è stata, finora, la risposta del pubblico?

«Grazie a iniziative di questo genere sono molte di più le persone che possono osservare tali vetture, siamo una sorta di effetto moltiplicatore. Sia ben chiaro noi non facciamo concorrenza ai musei, anzi noi cerchiamo di valorizzare il mondo dell’auto. Può essere visto come un assaggio per poi stimolare la curiosità del passante che, in un secondo momento, si informerà e magari andrà a vedere le vetture in un vero museo».

Visto il successo che sta riscuotendo, state pensando ad altri spazi espositivi?

«Fortunatamente disponiamo di tanti spazi, forse non così frequentati come quello della Galleria Caracciolo ma altrettanto belli, e l’idea di creare altri poli dove poter esporre auto per me è importante. Chiaramente in questi angoli l’automobile deve guadagnare la scena, abbiamo tante sedi disseminate sul territorio si tratta di stabilire un percorso che abbiamo iniziato con Roma sicuramente nel migliore dei modi».

Nella Galleria Caracciolo sono esposte quattro auto di assoluto rilievo, in base a quale criterio sono state scelte?

«Oggi ci sono quattro macchine particolarmente iconiche che rappresentano quattro Case automobilistiche italiane, ma stiamo lavorando per sviluppare ulteriormente il nostro spazio espositivo. Vorremmo, innanzitutto, attirare l'attenzione attraverso la bellezza di queste automobili e poi cercare di diffondere proprio la cultura del motorismo storico. Partendo da Isotta Fraschini, che tra l’altro ha ripreso la produzione di hypercar, poi abbiamo Lancia e Alfa Romeo, che non hanno certo bisogno di presentazioni, e infine OM che ha scritto le pagine degli albori dell’automobilismo italiano».

Sono tutte marcianti?

«Assolutamente si. Inoltre bisogna ammirare l’opera di restauro, infatti il MAUTO dispone di una scuola apposita e degli ottimi restauratori. Quando si espone, se si vuol fare veramente cultura, bisogna mostrare delle auto che abbiano ricevuto una cura nella fase del restauro, anche se si è scelto un approccio conservativo. Perché se noi esponessimo delle macchine con un restauro non dico sbagliato, ma non eccezionale, non staremmo facendo un buon lavoro».

Quando si può affermare che è stato fatto un ottimo restauro?

«Basta osservare l’Isotta Fraschini nei dettagli per capire quanto lavoro ci sia stato su quella macchina. Dalla carrozzeria, passando agli elementi in legno, alla selleria e persino alla capote, prima di mettere le mani su una vettura così importante c’è tanto studio dietro».

Come si è evoluta la cultura del restauro nel corso degli anni?

«Prima il sistema di restauro era limitatamente a tenere in buone condizioni e in ordine di marcia le vetture. Poi ci sono stati casi in cui le macchine venivano conservate male, oltre ad aver subito negli anni delle trasformazioni che ne avevano fatto perdere l'originalità».

In cosa consiste, invece, il lavoro di restauro oggi?

«Prima di toccare l’auto bisogna studiarla. Ci vuole una preparazione approfondita su come è nata quella macchina e soprattutto qual è stata la sua evoluzione. Infatti non è detto che l'automobile debba essere riportata assolutamente così com'era. Questo è un fatto istintivo, ma se la vettura ha avuto delle trasformazioni nel tempo che erano fatte dalla stessa Casa costruttrice, perché c'erano state delle evoluzioni, va studiato se convenga riportarla così com'era o lasciare che la storia di quella macchina sia leggibile attraverso lo stato attuale».

Quindi prima di procedere al restauro bisogna valutare da caso a caso?

«Ciò che conta in un’auto di valore e di una certa importanze è la storia. Non bisogna seguire per forza l’evoluzione che la Casa automobilistica ha apportato sulla vettura nel corso degli anni. Ci sono tanti ragionamenti da fare prima di agire. Ma vanno fatti con calma innanzitutto, senza farsi prendere dalla fretta e soprattutto consultando libri, esperti, tutti coloro che in qualche modo hanno maturato la capacità di giudizio e anche di consiglio. La macchina ha una storia e questa va rispettata».

Come si può ripercorrere la storia di un’auto?

«Anche per questo motivo dobbiamo creare cultura su questo argomento. Io per primo imparo ogni giorno, non mi sento per niente preparato ad affrontare tutte le varie problematiche che si possono trovare di volta in volta. Questo è proprio il lavoro svolto con la Fondazione Caracciolo assieme ai più grandi esperti che ci sono in Italia, come restauratori, carrozzieri e gli stessi giornalisti, al fine di creare dei principi a cui ispirarsi nel momento in cui si va’ a intervenire sull’auto non solo sulla carrozzeria ma anche, ad esempio, sulla tappezzeria. Non bisogna riportare la vettura così com’era uscita di fabbrica, perché oggigiorno usiamo altri materiali, tecniche nuove e rischiamo di ottenere un risultato finale che è completamente diverso dall’originale».

Su tale argomento ACI come si muove?

«All’interno di ACI noi abbiamo l’ACI Storico. L'abbiamo fondato proprio perché pensavamo che ci fosse bisogno in Italia di un club che, senza scopo di lucro, si occupasse di tale argomento. Sono moltissime le mail che ci arrivano per chiedere informazioni in merito alle più disparate automobili e, indipendentemente se siano nostri soci o verranno da noi, siamo felici di fornirle. D’altronde il prossimo gennaio l’ACI compirà 120 anni, possiamo dire che la nostra storia è nata e prosegue in parallelo con quella dell’auto».

Come viene percepito l’automobilismo storico in Italia?

«C’è stata un'esplosione di interesse nei confronti del motorismo storico, negli ultimi 20 anni si è passati da poche migliaia di persone a un continuo incremento di appassionati. Attraverso la Fondazione Filippo Caracciolo è stato fatto uno studio sul valore economico del motorismo storico che riportano numeri molto interessanti (oltre 100 miliardi di Euro nel rapporto del 2023 ndr.). Sono sempre più le persone interessate ad acquistare e restaurare un’auto storica. Per i più grandi perché ricorda l’auto d’infanzia o dell’adolescenza, ma anche i giovani sono molto incuriositi dal mondo dell’auto storica, anche solo per osservare da vicino anche se, forse, sono meno pronti ad apprezzare alcune linee del passato».

Secondo lei da cosa dipende?

«Le auto del passato erano molto più belle di quelle attuali. Erano vetture che venivano studiate e realizzate con grandissimo impegno dai designer. Proprio l’Italia è la patria di grandi carrozzieri quali Pininfarina, Scaglietti, Bertone, Fioravanti e Giugiaro, solo per citarne alcuni. Tutti coloro hanno fatto delle auto che sono delle vere e proprie opere d’arte. Non bisogna rivolgersi per forza a Ferrari e Lamborghini, ci sono state anche auto più piccole che hanno avuto un grande successo, basti pensare all’Alfa Romeo Giulia Spider o alla Lancia Aurelia B24. Ad esempio la Citroën DS 19 è stata riconosciuta tra le auto più belle degli ultimi 50 anni, una vettura con forme che rispondevano a esigenze aerodinamiche ma anche affascinanti tanto da essere premiata in numerosi concorsi d’eleganza».

Tornando alla mostra della Galleria Caracciolo: qual è l’obiettivo che vi ponete per questa iniziativa?

«L’esposizione di queste opere d'arte vuole creare, innanzitutto, la curiosità. Poi viene l'interesse e, quando scatta l'interesse, a quel punto già abbiamo aggregato delle persone al nostro mondo. Sicuramente saranno dei cultori dell’auto classica e, in base alle loro possibilità, potranno diventare anche dei possessori. Infatti vogliamo che l’esperienza possa essere sia diretta che indiretta: ho visto tante persone che, pur non possedendo una vettura classica, sono dei veri e propri esperti del settore. Ciascuno ricorderà le auto che da bambino gli hanno fatto battere il cuore e, attraverso la sua memoria, potrà entrare nel motorismo storico».

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Sabato 5 Ottobre 2024 - Ultimo aggiornamento: 18:33 | © RIPRODUZIONE RISERVATA