FE, sabato mattina alle 7 italiane il primo ePrix giapponese della storia. Jaguar e Porsche per il primato, Nissan per la storia
Storico successo di Nissan a San Paolo: Bird (McLaren) primo, Rowland terzo. Piazza d'onore per Evans (Jaguar)
Barclay (Jaguar): «Dispiace non correre a Roma, vogliamo tornare. È l'esempio perfetto di quello che rappresenta la FE»
LONDRA - Ennesimo avvertimento dall’industria automobilistica del Regno Unito sui rischi di una Brexit “no deal”, un divorzio senz’accordo dall’Ue. Stavolta a lanciarlo, direttamente in faccia alla premier Theresa May, è Ralph Speth, ceo di Jaguar-Land Rover, storica accoppiata di brand britannici oggi di proprietà del colosso indiano Tata, ma tuttora radicati in Inghilterra con impianti che danno lavoro a 40.000 persone (260.000 contando l’indotto).
Intervenendo a una conferenza a Birmingham prima della stessa premier, Speth ha affermato che nel caso d’un taglio netto con Bruxelles e del ripristino di barriere doganali, l’azienda rischierebbe di perdere nell’immediato 60 milioni di sterline al giorno fino a un totale di 12 miliardi. E i posti di lavoro in pericolo sarebbero «decine di migliaia». Non solo: il ceo ha ammonito che in mancanza di accordi commerciali sostenibili e di regole certe contro i dazi nessun produttore sarebbe più sicuro di «poter costruire automobili» in Gran Bretagna.
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