Arturo Merzario a Vallelunga

Merzario: «A Vallelunga ho vinto tanto, ma che paura al GP Roma con quel pneumatico tubeless...»

di Franco Carmignani
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Nella sua carriera ultraquarantennale, Arturio Merzario ha avuto un legame molto stretto con Vallelunga. La sua prima vittoria risale al 1967 quando si è imposto con l’Abarth 1000 Gr.2 nel Trofeo Coca-Cola. Poi a seguire il Gran Premio della Repubblica 1968 nella Sport 1000 con l’Abarth, il Trofeo Giunti 1971 con l’Abarth 2000, la 2 Ore del 1975, il Trofeo Nappi del 1977. Più recentemente il Campionato Italiano Sport Prototipi del 1995, la Coppa GT Special del 1997. E poi tante grandi prestazioni come nella 6 Ore del 1973 e nella 400 Km del 1977, e tanti test con Abarth, Ferrari e Alfa.

«A Vallelunga, la prima volta ci ho corso con il “millino” Abarth all’inizio degli anni sessanta. Si girava in senso antiorario, si faceva la trincea non in modo difficile com’è stato poi negli ultimi anni, invece era molto più difficoltosa la Roma perché si arrivava da un rettilineo. Si saliva dai Cimini e dunque alla staccata della Roma c’era il punto più veloce del circuito, senza gli spazi e tutti gli accorgimenti di sicurezza che ci sono adesso… E’ chiaro stiamo parlando di cinquant’anni fa, e tutto va rapportato alle realtà di allora; le piste, non solo in Italia ma in tutto il mondo, erano così, e questa non è certo una critica a Vallelunga. Anche perché noi italiani l’abbiamo dimenticato, ma appena varchi i confini trovi scritto: “Lo sport motoristico è pericoloso”. Uno o lo accetta, o sta a casa sua…D’altra parte se vai in Inghilterra tutto è rimasto uguale, tranne le piste dove gira la F1. Per esempio, Thruxton. Ci sono andato la prima volta nel 1964. Ma, a parte il bar che è stato rifatto, e i servizi igienici che ci sono, è rimasta uguale! Brands Hatch uguale. Hanno cambiato solo Silverstone, e poi solo da una decina d’anni…perché prima era ancora vecchia maniera, se non altro non c’erano ostacoli, perché per sua fortuna c’erano tanti spazi essendo un aeroporto militare».
 

 

«E Vallelunga era così. Poi nel ’70 è stata chiusa ed è stata rifatta. Poi si può dire che la “nuova” Vallelunga l’ho inaugurata io vincendo la prima gara, il Gran Premio della Repubblica a giugno ’71, con il prototipo 2000 dell’Abarth. E da allora è ricominciata una nuova epoca per Vallelunga. Con gli anni Settanta abbiamo vissuto proprio l’evoluzione meccanica, per quanto riguardava i mezzi, sia l’evoluzione sportiva. Non perché li ho vissuti io, ma ho avuto la fortuna di frequentare questo periodo di fine anni sessanta-settanta, durante il quale l’automobilismo ha beneficiato del massimo della notorietà, della sportività, dell’evoluzione tecnica, proprio nell’ambito meccanico e non certo delle tecniche aerospaziali ed elettroniche. Quelli sono stati gli anni migliori anche per Vallelunga. Poi è andata un po’ a decadere dopo che non si faceva più il Mondiale Marche e l’Europeo F2, perché il buon Ecclestone ha pensato bene di cancellare quel campionato per imporre la F3000 e riciclare i motori Cosworth, ecc ecc».

«Poi grazie al nuovo management, si è via via vista la differenza. Un impianto serio, non che non lo fosse prima, ma era un po’ vissuto alla giornata, senza dei programmi ben precisi. La nuova Direzione è riuscita a impostare l’autodromo come una grossa azienda, con un futuro, con dei programmi ben precisi, e in questo, secondo me, ha superato anche Monza, proprio in termini di azienda. Qui c’era un tracciato già abbastanza valido, sono state apportate quelle modifiche di sicurezza necessarie che in questi ultimi decenni sono richieste dal nostro sport, e poi ne ha fatto un business, con il Centro Guida Sicura, il Centro Congressi e tutto il resto, che consentono di allestire eventi durante tutto l’anno, e tutto questo per azienda-autodromo conta eccome».

«L’episodio che più ricordo a Vallelunga, caspita! è legato a un Gran Premio Roma F2, nel Curvone dopo il traguardo, quando con la Tecno mi si stallonò un pneumatico. Erano gli anni in cui si era appena cominciato ad utilizzare le gomme larghe “tubeless”, ma il bordo esterno dei cerchi era talmente ridotto, che con la forza centrifuga la gomma si deformava, rientrava verso l’interno, e fuorusciva l’aria, ed era come forare. Dopo inventarono i cerchi con le viti all’esterno. Mi sembra che la prima fu la Speedline a proporre questa soluzione: quattro bulloni che fissati dall’esterno bloccavano il movimento verso l’interno del pneumatico ed evitavano lo stallonamento. Poi arrivò il bordino all’interno del canale, che assicurava la tenuta».

«Tornando a quell’episodio: nelle prove del venerdì avevo fatto uno dei migliori dei tempi, invece alla fine delle prove del sabato mi si stallona la gomma, ed ho avuto il c…, e sottolineo …fortuna, non la bravura. Quando si faceva quella curva velocissima, all’uscita dovevi sfiorare proprio sulle “orecchie” il guard-rail che c’era allora. E’ capitato che la gomma mi si è tallonata giusto nell’attimo in cui ho superato quel punto critico. Di conseguenza ho cominciato a piroettare, ma con la fortuna (!) di andare verso l’interno, dietro la Montagnetta. E, meno male che ero quasi fermo, mi sono fermato contro un masso, che era nascosto dall’erba: piegai la macchina, ma non mi sono fatto niente. Ho un angelo custode che mi ha sempre voluto bene…»

 

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Lunedì 12 Marzo 2018 - Ultimo aggiornamento: 21:58 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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