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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Gaetano Thorel, direttore generale di Groupe Psa Italia

Mobilità del futuro: le auto ecologiche sono solo quelle con la spina

di Giorgio Ursicino

La casa automobilistica del momento, il futuro coniuge della nostra Fca. Una vettura di Formula 1 guidata dal formidabile Carlos Tavares, il condottiero che prende decisioni rapide e infallibili con la stessa facilità con cui collauda personalmente le ultime auto realizzate dai suoi ingegneri. Un uomo che sembra avere la bacchetta magica per la velocità con cui ha riportato in alta quota la Psa.
Solo nel 2014 era in una fase di forti turbolenze ed ora è un’azienda con i fondamentali sanissimi e la redditività alta, che ha inglobato la Opel senza il minimo scossone ed è pronta ad affrontare la sfida per la mobilità sostenibile a testa alta, nelle posizioni migliori. Carlos è l’erede più autorevole del geniale Sergio Marchionne, per svettare nel mondo automotive dei prossimi anni, un manager determinato a scrivere una pagina di storia che gli altri non hanno la fantasia nemmeno di immaginare. Il gruppo francese ha già lanciato una decina di modelli zero emission e nell’anno in corso ha l’obiettivo di vendere nel nostro paese più auto con la spina di qualunque altro. Davvero niente male. In un periodo così ricco di cambiamenti, che spesso è accompagnato da posizioni contraddittorie che generano ansia al consumatore, per fare il punto sulla mobilità ecologica abbiamo chiesto la sua “vision” a Gaetano Thorel, numero uno in Italia della Psa, il primo costruttore estero della Penisola che nell’anno appena concluso ha superato i trecentomila veicoli venduti con una quota fra le auto del 15,53%, quasi il 3% in più del 2018 in un mercato stabile (+0,29%).

Ingegner Thorel, in un suo recente comunicato è sembrato non apprezzare molto la auto ibride tradizionali. Che fa, si mette a fare confusione anche lei?
«Per favore, non scherziamo. La confusione, l’approssimazione, la non conoscenza e le posizioni di parte sono cose che rischiano di creare molti danni ad un settore come il nostro che è caratterizzato da ingenti investimenti, programmazione e tempi lunghi. Non ci si può alzare la mattina e prendere decisioni che non hanno alcun fondamento scientifico. Così rischiamo di farci molto male. Oltre al pericolo di penalizzare la sicurezza ed il rispetto ambientale, si rischia di mettere a repentaglio l’economia e molti posti di lavoro. È evidente che serve chiarezza, bisogna parlare poco e dire le cose come stanno».

Secondo lei, come stanno veramente?
«L’ho detto, è una cosa semplicissima. Nelle stanze dei bottoni dell’industria dell’auto è un aspetto che conoscono tutti e sul quale ognuno, indistintamente, sta lavorando per i prossimi anni».

Cioè?
«Ricominciamo daccapo. Ma rischiamo di dire banalità, di ripetere l’ovvio. Comunque, se proprio insiste. Il mondo intero si è impegnato a realizzare la decarbonizzazione, ad abbandonare i derivati del carbone e del petrolio che forniscono energia con la combustione e quindi, inevitabilmente, inquinano. Generano più o meno veleni come il particolato e gli ossidi di azoto. Inoltre producono tanta CO2 che è solo un climalterante ma è considerato dagli scienziati e i politici di tutto il mondo una sostanza da limitare in fretta, altrimenti con l’effetto serra la temperatura del pianeta salirà, il livello dei mari si alzerà e rischiamo la desertificazione. In più sono fonti non rinnovabili destinate all’esaurimento con un progressivo incremento dei costi».

Fin qui tutto chiaro, incontestabile. Andiamo avanti.
«Fatta questa premessa c’è da dire che fra vent’anni tutte le vetture saranno così, a zero emissioni e alimentate solo da energia proveniente da fonti totalmente rinnovabili. Questo sogno, però, almeno in parte, è realizzabile già oggi, la tecnologia è disponibile».

Di che tipo di vetture sta parlando?
«Semplice, basta vedere che carburante usano. Ogni carburante ha un tipo di rifornimento diverso».

Questo passaggio ce lo spieghi meglio.
«L’energia elettrica pulita si rifornisce con la spina, i carburanti fossili hanno il bocchettone».

Quindi è la spina a fare le differenza?
«Certo, le auto elettriche ed ibride plug-in imbarcano energia pulita e rinnovabile, quelle senza spina vanno solo a petrolio, più o meno petrolio, ma la combustione genererà sempre inquinamento. Oltre alle elettriche solo le ibride plug-in si riforniscono di energia pulita, quindi possono percorrere un numero significativo di chilometri senza inquinare. Non vedo dove sia la cosa difficile da capire, la cosa poco chiara».

Messa così, non fa una piega.
«Voglio spiegare ancora meglio. Le auto con la spina sono di nuova generazione, proiettate al futuro. Tutte le altre di vecchia generazione si muovono solo con l’energia dei combustibili fossili. Tutte le ibride non plug-in sono auto di una generazione precedente. Ibrida tradizionale è un’auto convenzionale che sfrutta il carburante nel modo migliore, ma sempre benzina è. Tutta la forza per muoversi proviene del petrolio perché la vettura non ha altra fonte di energia. Tutta l’energia arriva dagli idrocarburi. Quando la Toyota ha inventato questa soluzione negli anni Novanta ha fatto una grande mossa perché la tecnologia elettrica non era ancora matura. Col senno di poi, bisogna riconoscere che era la soluzione migliore. Oggi lo scenario è completamente diverso».

Ma le ibride tradizionali non sono quasi uguali alle plug-in? In fondo anche queste hanno un motore termico importante.
«È vero, ce l’hanno, ma nella maggior parte dei casi possono non utilizzarlo. Invece le ibride normali devono usarlo sempre perché non hanno altra energia a bordo che quella fornita dalla benzina. La gran parte degli automobilisti alla spina nell’utilizzo quotidiano può tranquillamente muoversi solo ad emissioni zero, quindi come un elettrica. Poi, nel fine settimana, fuori città, utilizzano il motore termico. Ma questo non è un problema...».

Cosa pensa delle mild-hybrid?
«Recuperano un po’ di energia in rilascio e il motore elettrico di piccole dimensioni dà un supporto al termico in fase di spinta. Il consumo è un po’ più basso, ma non di molto, si avvicina a quello di un buon diesel. Anche l’abbattimento di CO2 è marginale, molte mild-hybrid emettono più di 100 g/km, un valore nemmeno paragonabile alle ibride plug-in».

A proposito di diesel, cosa ne pensa della decisione del comune di Roma di vietare la circolazione delle Euro 6?
«Una presa di posizione demagogica che non ha nessuna credibilità. È probabile che il motore a gasolio non abbia un grande futuro, ha tanti nemici, paga anche errori fatti dall’industria. Attualmente, però, è un grande propulsore. Emette le stesse quantità di polveri sottili e di ossidi di azoto del benzina, ma molto meno CO2. Ha più coppia e consuma meno. Demonizzarlo è sciocco».

Fra le vetture che saranno protagoniste della mobilità sostenibile l’elettrica non è ancora matura?
«Niente affatto, lo è eccome. I consumatori ancora non le conoscono, hanno qualche preconcetto, ma presto le scopriranno. Per molti già ora può essere la scelta migliore e non solo perché anticipa il futuro».

La scelta migliore? Ma non ci sono ancora troppi problemi? L’autonomia, il prezzo, la ricarica...
«I progettisti hanno fatto miracoli e altri sono in arrivo. In soli dieci anni l’autonomia è triplicata, i 350 km sono alla portata della maggior parte dei modelli di ultima generazione. La differenza di costo è stata quasi azzerata: la nostra 208 elettrica costa 350 euro al mese e, con il risparmio del carburante, il costo di gestione è uguale a quello di una vettura con il motore a scoppio. In più, non bisogna preoccuparsi della rivendita e del valore residuo».

Sì, ma con la ricarica come la mettiamo? Nonostante l’impegno dell’ad dell’Enel Starace, un fautore dell’auto elettrica, il nostro paese sembra in ritardo.
«È vero, bisogna aumentare in fretta i punti di ricarica, ma in Italia la burocrazia rende le cose complicate. E alcune amministrazioni invece di velocizzare questo piano indispensabile pensano di lavarsi la coscienza ecologica facendo le crociate contro vetture che sono lo stato dell’arte. Le colonnine non devono essere messe solo in strada, ma in tutti quei posti, anche privati, dove la gente lascia l’auto in massa: i centri commerciali, le multisale cinematografiche, i parcheggi di scambio. Trovo folle che non ci siano colonnine in autostrada, il posto dove servirebbero di più, a ricarica rapida. Dovrebbero essere imposte per legge. Invece...».

Cosa succederà sul mercato italiano?
«Il gruppo Psa quest’anno pensa di vendere 15.000 auto con la spina, nel 2019 questo intero mercato è stato di 17 mila unità. Mi sembra una bella crescita».

Come è iniziato l’anno?
«Direi bene. Nel 2020 è iniziata una nuova era per il mercato europeo, sono entrate in vigore le regole CAFE. Il PSA Group Italia a gennaio ha viaggiato a livelli record, ha sfiorato le 30 mila consegne, guadagnando quasi 2 punti di quota. Ora siamo al 17,6%, saldamente in testa fra i costruttori esteri. Sono particolarmente soddisfatto del settore della mobilità ecologica: siamo il primo gruppo in assoluto, con un terzo della quota di tutte le vetture con la spina».

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Lunedì 24 Febbraio 2020 - Ultimo aggiornamento: 29-02-2020 12:14 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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