
Le Mans, la battaglia dei giganti: nella tana della Ferrari 8 costruttori globali si sfidano per 24 ore
Nell’emisfero Nord si avvicina il giorno più “lungo” dell’anno, quello in cui la luce mette nell’angolino le tenebre. Quando è così, per tutti gli appassionati di motorsport, c’è profumo di Le Mans. Intorno a metà giugno, ormai da oltre un secolo, si disputa, non lontano da Parigi, la 24 Ore più antica e prestigiosa del pianeta, forse la corsa automobilistica di maggior fascino a valore. Sia quelli che l’hanno vinta, sia chi non c’è mai riuscito, non baratterebbero il trofeo dell’ACO con nessun altra coppa, nemmeno di Indianapolis o Montecarlo. Probabilmente la pensano così anche Hamilton e Verstappen, icone dell’attuale F1 che ancora non hanno avuto l’occasione di correrla, ma hanno entrambi più volte dichiarato la loro irresistibile attrazione.
Sul circuito di La Sarthe, la velocità conta, ma certamente non è tutto. In un gran premio di Formula 1, il pilota più forte con la macchina migliore, ha ottime possibilità di salire sul gradino più alto del podio. A Le Mans no, non hai nessuna garanzia: il bolide può essere rapido quanto vuoi e il driver il più bravo in circolazione, ma se si sentisse il favorito per la 24 Ore partirebbe con il piede sbagliato. La tradizione dice che è Le Mans a scegliere a chi concedersi ed è quasi sempre stato così. Le variabili sono infinite, le certezze non esistono. Minimo si corre in tre e, più che credere in se stessi, bisogna avere smisurata fiducia nei compagni d’equipaggio. Ma non è tutto. Correre più o meno cinquemila chilometri, ad oltre 220 km/h di media, soste ai box e safety car comprese, mettono a dura prova l’affidabilità della meccanica e la gestione dei pneumatici, anche perché la pioggia, dal vicino Atlantico, è sempre in agguato.
Una gara del genere, dove l’imponderabile è sovrano, dovrebbe risultare ostica ai campioni. Invece, non è così, la miscela magica che emana è in grado di sedurre chiunque ed appena finita un’edizione si aspetta la successiva, per confermarsi o prendersi la rivincita. Gioie e delusioni di Le Mans, possono essere superate solo da un’altra Le Mans. Che bello leggere l’albo d’oro, i costruttori che si rispettano ci sono proprio tutti: Porsche, Audi, Ferrari, Jaguar, Bentley, Ford, Toyota, Alfa Romeo, Peugeot, Bugatti, Mercedes, Aston Martin, Renault, BMW, Mazda, McLaren. Le “battaglie dei giganti” sono entrate nella storia, così come le imprese eroiche di campioni conclamati. Come dimenticare gli scontri atavici fra Ferrari e Ford o quelli del Cavallino Rampante contro la Porsche.
Ma nel corso del tempo non c’era mai stato però un ingorgo di squadre ufficiali come quello attuale. Sono ben otto la Case che in prima persona scendono quest’anno in campo per rendere ancora più avvincente la maratona: Ferrari, Porsche, Toyota, BMW, Alpine, Cadillac, Peugeot ed Aston Martin che schierano ben 21 Hypercar, ciascuna in grado di vincere. La formula sembra così azzeccata che altri tre Gruppi altrettanto prestigiosi hanno già annunciato che si uniranno in futuro: Ford, Hyundai e McLaren. Non era mai accaduto nella storia dell’automobilismo che così tanti protagonisti scendessero in campo tutti insieme nella stessa categoria, anche perché uno vincerà ed altri dieci resteranno a guardare. Le vetture sono affascinanti, le componenti in grado di fare magie.
Le Mans è un territorio della Michelin da tempo immemorabile e un treno di pneumatici può durare ore a quelle folli velocità. Adesso c’è anche la Goodyear che fornisce le gomme alle meno estreme GT3. E poi i freni che lasciano a bocca aperta. Come si possono cancellare dalla memoria periodi in cui i prototipi già volavano, ma la tecnologia degli impianti non era adeguata. Le mostruose Porsche 917 all’inizio degli anni Settanta vincevano la 24 Ore a oltre 220 km/h di media (222 per l’esattezza quella di Hemult Marko attuale stratega della Red Bull) affrontando il rettilineo di oltre 6 chilometri delle Hunaudieres per poi frenare a 400 km/h per imboccare la secca curva di Mulsanne. Avevano piccoli dischi in acciaio che durante la gara dovevano assere sostituiti più volte insieme alle pastiglie.
Oggi l’argomento è in mano a l’eccellenza italiana della Brembo che monopolizza lo scenario. Materiali specialissimi che lavorano anche a mille gradi, permettono di non toccare l’impianto per tutte le 24 ore. Al limite devono essere tenute sotto controllo le temperature, ma non l’usura o l’affidabilità, mettendo altro sale nella sfida. Anticipare chi vincerà sarebbe un’eresia tipica di un neofita, lo sanno tutti che è più facile vincere la lotteria. Dire come stanno le cose si può, senza dare nessuno per favorito: la dea bendata di Le Mans sembra si accanisca con quelli che si sentono sicuri.
Guardando i risultati c’è qualcuno messo meglio di altri. In una ipotetica prima fila non può non esserci le Ferrari: due anni fa è tornata dopo un assenza di mezzo secolo ed ha dominato le ultime due edizioni. In più quest’anno ha vinto tutte e 3 le prove del WEC. Dire che la 499P vada male sarebbe una bugia... Da quelle parti ci sono anche Porsche e Toyota. La prima ha 19 trofei in bacheca e 4 macchine al via, la seconda ha messo a segno l’ultima cinquina di fila. In seconda fila rampano la BMW, l’Alpine e gli americani di Cadillac che sognano il colpo come fecero a suo tempo i connazionali di Ford.