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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Mattia Binotto, team principal dimissionario della Ferrari

Ferrari, caccia all'erede di Binotto: non serve solo un team principal, ma anche un direttore tecnico

di Giorgio Ursicino

La Ferrari volta pagina. Lo fa in modo un po’ anomalo, soprattutto per quello che era lo stile del Cavallino. Abituato, da sempre, ad ignorare i rumors, specialmente se hanno più di un fondo di verità. Ma i tempi cambiano. Le contingenze sono difficili e i ferraristi staranno sempre dalla parte del Cavallino che è una fede. Non soltanto nella Penisola, ma in ogni angolo del pianeta. Più che leggere fra le righe, questa volta un po’ confuse, conviene guardare i fatti che esprimono meglio la situazione travagliata. Sia come sia, la decisione della Scuderia di cambiare il suo leader non è stata presa a cuor leggero. È il frutto meditato di un parto senz’altro difficile. Sostituire l’allenatore in F1 è un’operazione particolarmente difficile. Lo è soprattutto se si tratta di Binotto. Una persona per bene che non ha mai alzato i toni, aveva pochi nemici nel paddock ed era in perfetto feeling con il presidente Elkann e con il ceo Benedetto Vigna arrivato alla corte di Maranello quando Mattia era già al comando.

Anche in questo caso si tratta di approccio: si può avere una visione diversa sui contenuti, ma esternare la propria personalità in modo analogo. E il Presidente, l’Ad e il team principal avevano più di un punto in comune. Questo, a pensarci bene, è un momento veramente poco adatto per una sostituzione di tanto spessore. La vettura 2023 è piena fase di gestazione e togliergli il papà è sicuramente uno strappo. Un nuovo condottiero chiederà tempo e vorrà fare le battaglie con armi proprie, non con quelle lasciate da un predecessore silurato. In più, tutto questo avviene, non quando si è toccato il fondo (nei due anni precedenti...), ma in una fase in cui il team è indubbiamente in crescita e la continuità è considerata indispensabile. In più, Mattia lascia due posti vuoti e non soltanto uno.

Oltre ad essere da 4 anni il responsabile di tutta l’attività sportiva (ruolo che gli ha affidato il nipote dell’Avvocato) il manager nato in Svizzera aveva conservato il precedente incarico che era un lascito del geniale Sergio Marchionne. Binotto era anche il direttore tecnico di Maranello, curava da vicino sia la power unit, sua antica professione, che la vettura. Come se la Red Bull, in un sol colpo, perdesse sia Christian Horner che Adrian Newey. Sarebbe un modo per far perdere anche Max Verstappen. Per questo la scelta del nuovo organigramma è parecchio difficile, non si può assolutamente sbagliare. E vincere il Mondiale già il prossimo anno può diventare un’impresa ciclopica. Come scalare l’Everest. A conferma che, al di là delle chiacchiere, il rapporto fra Mattia e vertici sia tuttora buono, c’è il fatto che l’ingegnere non ha fatto gli scatoloni ieri, ma rimarrà al suo posto fino alla fine dell’anno.

Cosa che non sarebbe mai avvenuta se la fiducia era agli sgoccioli. Qualcuno doveva pagare per la carenza di risultati e in questi casi il sacrificato è il mister. Cosa accadrà adesso? Difficile dirlo. A bocce ferme la Ferrari sembra più vulnerabile di quanto lo fosse prima. Sainz è senza il suo mentore e, con il contratto in scadenza, potrebbe essere attratto dalle sirene Audi. Leclerc è ferrarista fino al midollo, ma ora non potrà più sbagliare poiché è evidente che sulla bocciatura di Binotto c’è anche la sua ostinazione di avere i galloni del capitano. Il Mondiale è sfumato, non perché i piloti si sono tolti i punti a vicenda. Hanno fatto troppi errori, è mancata l’affidabilità ed anche le prestazioni dell’auto non sono state all’altezza. Charles ha già 25 anni, la stessa età di super Max, e un’altra stagione senza lottare per il titolo chissà come la digerirebbe.

L’arrivo di Vasseur è stato anticipato dalle voci, ma non è affatto detto che sia la pista giusta. È vero, oltre che grandissimo esperto di corse e guida dell’Alfa Romeo, è grande amico di Leclerc, del figlio di Jean Todt e, soprattutto, del potente Carlos Taveres che guida Stellantis. Non è detto, però, che la Ferrari, scorporata con successo dagli altri rami dell’auto degli Agnelli, voglia avere tanto a che fare con gli ambienti troppo francesi. Quest’anno il Cavallino, dopo mezzo secolo, tornerà alla 24 Ore di Le Mans per la vittoria assoluta e uno dei principali rivali sarà proprio la Peugeot voluta da Tavares. Il numero uno di Exor è anche presidente di Stellantis oltre che di Ferrari, ma alla maratona di giugno non avrà molti dubbi su chi tifare.

In tema di continuità, per il ruolo di team principal in Formula 1, è circolato anche il nome di Antonello Coletta, un ferrarista doc che da molto tempo guida lo squadrone di Maranello nelle superbe GT. Coletta è senz’altro un vincente, i numerosi titoli mondiali Piloti e Costruttori sono a testimoniarlo per lui. Però è lontano dal Circus e il precedente di Marco Mattiacci, chiamato a sostituire Stefano Domenicali qualche anno fa, non gioca a suo favore. La politica in F1, viste le recenti polemiche, non è affatto facile e serve un uomo esperto in tutti i dossier. Sul tavolo potrebbe esserci anche il veto che ha solo la Ferrari sull’ingresso in F1 della Red Bull come motorista, beneficiando dei vantaggi che hanno gli ultimi arrivati, mentre non è ancora ben chiaro il rapporto privilegiato che ha con il colosso Honda.

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Giovedì 1 Dicembre 2022 - Ultimo aggiornamento: 02-12-2022 16:01 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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