Un concentratissimo Sergio Marchionne ai box Ferrari

Marchionne scrive per Il Messaggero: la 24 Ore di Le Mans ha fatto la storia della Ferrari

di Sergio Marchionne
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LE MANS - Parlare della 24 Ore di Le Mans non è mai facile. È una gara leggendaria e quelli che l’hanno corsa in prima persona, magari più di una volta, potrebbero raccontare nel dettaglio le emozioni e i pensieri che passano nella mente in quelle 24 ore vissute intensamente. La mia è un’esperienza più “distante” ma sempre coinvolgente, con una passione che, da quando seguo da vicino il settore, è andata sempre più crescendo.

Lo sforzo tecnologico per creare vetture che riescano a offrire prestazioni al limite per tempi prolungati è incredibile. L’affidabilità è uno degli aspetti cruciali dello sport automobilistico ed è fondamentale se si pensa che esperienze e tecnologie vissute nelle competizioni di durata diventeranno parte integrante delle auto stradali. Spesso ci soffermiamo, come spettatori, a discutere di velocità massima e di giri di pista al limite, ma quando si tratta di una gara che dura un giorno e una notte interi senza sosta non si può non considerare la straordinaria ricerca che viene condotta per creare componenti che reggano l’usura. Allo stesso modo la 24 Ore di Le Mans è un banco di prova senza pari per gli uomini, dai meccanici a naturalmente i piloti.

L’impegno e le capacità che tutti loro dimostrano va oltre l’abilità di guida o la preparazione tecnica: a lasciare a bocca aperta è la loro resistenza, mentale prima ancora che fisica. Ho sempre ammirato la costanza e la determinazione di un uomo che deve saltare in macchina e guidare per due o tre ore al massimo della performance, magari alle cinque di mattina, quando inizia ad albeggiare, e quando magari nella sua testa c’è una voce che dice «ma non sarebbe il caso di riposare?».

La 24 Ore mi ricorda molto da vicino le gare nordamericane, non solo per la lunghezza della corsa, ma per l’atteggiamento del pubblico e per le caratteristiche dell’organizzazione. Prima di ogni altra cosa è un evento e soprattutto una festa delle famiglie. L’entusiasmo che si respira a Le Mans è lo stesso delle classiche di Daytona, la 24 Ore o la gara Nascar, con centomila spettatori sulle tribune, o della 500 Miglia di Indianapolis, con oltre 200 mila persone che si godono un weekend di festa pensato per tutti e non solo per i fans più sfegatati. Non è un caso se Le Mans è l’unico circuito europeo che durante la corsa ha un luna-park perennemente attivo…

A Le Mans si ha la fortuna di vivere la gara da dentro, di guardare le vetture da vicino, di poter passeggiare nel paddock e magari imbattersi nei piloti che mai si negheranno a una richiesta di autografo o fotografia. Anche qui, come in tutte le gare del World Endurance Championship, la gente ha la possibilità di vedere i propri beniamini mentre parlano con i tecnici nei garage: o mentre mangiano un panino, uomini tra gli uomini, in un ambiente completamente diverso da quello “blindato” della Formula 1. Sento dire spesso che la F1 dovrebbe prendere esempio da queste gare per riavvicinare il pubblico: ebbene, forse è giunto il momento di smettere di dirlo e cercare di farlo veramente.

Per la Ferrari Le Mans è stata da sempre una gara chiave per dimostrare la qualità delle proprie vetture. Ci sono sfide che sono entrate nella storia dell’automobilismo, piloti che hanno contribuito a costruire il mito della Ferrari, ad iniziare dalla prima edizione del dopoguerra, quando Ferrari trionfò con la 166 MM guidata da Luigi Chinetti e da Lord Selsdon, due clienti. Fu la straordinaria dimostrazione di quello che Enzo Ferrari aveva forse compreso prima degli altri, e cioè che realizzare vetture dalle performance elevate permette di costruire una relazione speciale con i propri clienti, che diventano i primi ambasciatori del marchio nel mondo, proprio come oggi accade con i team che gareggiano con le Ferrari nelle competizioni GT.

La Ferrari ha corso e vinto con vetture ufficiali così come appoggiandosi a team privati di clienti. L’impegno di Formula 1 preclude la possibilità di essere presenti con la Scuderia anche nel WEC, e quindi anche nella classica di durata della Sarthe, ma non ci impedisce di sviluppare delle vetture per la categoria GT da affidare ai nostri team clienti. I tanti successi ottenuti da questi team negli ultimi anni ci danno ragione e testimoniano che la strada che stiamo percorrendo - che ci vede impegnati con otto piloti ufficiali nelle competizioni GT, sette dei quali saranno, speriamo, protagonisti a Le Mans - è quella giusta. Le due vittorie ottenute nella classica gara di durata francese negli ultimi quattro anni grazie a Gianmaria “Gimmi” Bruni, Toni Vilander e Giancarlo Fisichella, ci danno fiducia in vista della edizione 2016 che ci vede opposti ad altri grandi costruttori. Spero che, dopo il digiuno dello scorso anno, forti anche della nuova 488GTE, la Ferrari potrà tornare protagonista e sono certo che i tre equipaggi della classe GTE-Pro e i cinque della GTE-Am faranno battere forte il cuore degli appassionati.

Seguirò anche questa edizione della 24 Ore di Le Mans con grande attenzione e interesse e voglio ricordare che negli anni Trenta l’Alfa Romeo vinse per quattro volte la corsa, un altro grande brand italiano che ha nel suo DNA le competizioni, che si tratti di durata o di Formula Uno, e che spero di riportare presto in pista.
 

 

 

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Venerdì 17 Giugno 2016 - Ultimo aggiornamento: 07-07-2016 08:16 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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