La Toyota Hilux impegnata in un difficile passaggio tra le pietre in Namibia

Toyota Hilux, al volante del principe del deserto nel paradiso della Namibia

di Giorgio Ursicino
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WINDHOEK - Una prova speciale per un tipo speciale. Un veicolo originalissimo, quasi unico. Un leader che ha dato vita ad un segmento di mercato diventato negli anni ricco è importante. Si scrive Hilux, si legge re dei pick up, il sovranno della classe che orbita sui cinque metri di lunghezza e sulla tonnellata di peso trasportabile. Il fiero jap, però, è anche il principe del deserto, un mezzo da lavoro perfetto per il tempo libero che è considerato quasi imbattibile quando le condizioni ambientali e di fondo diventano estreme. Il gioiello Toyota, simbolo del brand al pari di Land Cruiser e Prius, è un cittadino del mondo, un modello conosciuto e apprezzato in tutti i continenti già molto prima che nascesse la globalizzazione. Hilux è leader europeo della sua categoria con una quota vicina al 25%, ma le oltre 800 mila unità vendute nel nostro continente dal 1968 (34 mila nel 2015) rappresentano meno del 5% della produzione totale che nelle precedenti sette generazioni ha superato quota 18 milioni.

Per mettere alla prova un fenomeno del genere non è facile trovare percorsi sufficientemente impegnativi, così la casa giapponese ha deciso di sciogliere per la prima volta le briglie all’ottava meraviglia in Namibia, uno dei paesi meno popolati del globo (è grande quasi tre volte l’Italia e ospita solo due milioni di abitanti). Un paradiso terrestre con deserti di ogni genere dove, in soli 500 chilometri puoi, trovare piste lisce e veloci, percorsi di montagna scoscesi e pieni di sassi e dune alte centinaia di metri che si tuffano nell’Atlantico dalle parti di Walvis Bay. In realtà Hilux da quelle parti è di casa (viste le distanze si fa per dire) poiché una delle fabbriche in cui nasce è quella sudafricana di Durban.

Nonostante si trovi a suo agio a tutte le latitudini, il pick up delle tre ellissi è giapponese nell’animo, rappresenta in maniera perfetta i valori che hanno reso celebri le auto nipponiche e in particolare quelle Toyota, il più grande costruttore dell’Arcipelago e anche del pianeta. E quando c’è da sviluppare un nuovo Hilux le risorse messe in campo sono le migliori disponibili, tutta la tecnologia dell’azienda viene scandagliata per spostare ulteriormente in avanti i precedenti parametri che già sembravano inarrivabili. Ognuno può dare il suo contributo, anche il più sconosciuto dei clienti. Così Hiroki Nakajima, il responsabile del progetto, ha avuto l’umiltà e la determinazione di visitare oltre 110 nazioni per vedere le reali condizioni in cui Hilux è chiamato a operare. Gli obiettivi del progetto erano ambiziosi e i due impegnativi giorni di viaggio dalla Capitale alle coste dell’oceano hanno confermato che sono stati tutti centrati. Il pick up nipponico è un mezzo da lavoro (nel nostro paese con la sua fama può trainare l’espansione dei veicoli commerciali Toyota) ed ha costruito la sua reputazione sulla qualità, la durata e l’affidabilità.

Ora queste doti vengono ulteriormente sviluppate e rafforzate, ma sono maggiormente affiancate da altre caratteristiche in precedenza ritenute meno fondamentali come il design, il comfort e la sicurezza. Vedendo quello che è capace di fare Hilux si riesce a capire quanta sostanza ci sia sotto la carrozzeria. Il pick up non è solo indistruttibile, è anche ricco dei più moderni sistemi elettronici che esaltano l’efficienza, rendono il viaggio più comodo e proteggono al meglio i passeggeri a bordo. Il design è piacevole è molto curato, l’aspetto robusto e imponente, con una notevole altezza da terra e ruote anche da 18 pollici.

La prima sorpresa è sulle piste larghe e veloci che si allontanano da Windhoek, il nuovo cuore turbodiesel 2.4 ha una cilindrata più contenuta ed ha una turbina a geometria variabile più piccola del 30%, sviluppa 150 cv e 400 Nm (già a 1.600 giri) che consentono di ridurre consumi ed emissioni di CO2 del 12% (6,8 l/100km, 177 g/km), ma spinge con vigore e fluidità. Eccellente il cambio automatico a sei marce (disponibile sul doppia cabina) che dialoga con il propulsore e la dinamica del veicolo e sceglie il rapporto migliore in relazione al fondo e all’andatura (accelerazione 0-100 in 12,8 secondi, migliore rispetto al manuale a sei rapporti).

Le sospensioni indipendenti davanti e il ponte rigido con balestre dietro assorbono tutte le asperità è l’Hilux viaggia sullo sterrato a 140 km/h orari come fosse in autostrada. L’abitacolo è un salotto, insonorizzato e climatizzato anche quando all’esterno la polvere avvolge tutto. Il target era di avere prestazioni in off road del Land Cruiser e una silenziosità da vettura, il rumore che si percepisce di più è quello dei pneumatici che sparano i sassolini.

I sedili possono essere in pelle, regolabili elettricamente, ci sono numerosi vani portaoggetti anche refrigerati, la plancia rifinita con cura e realizzata con materiali di eccellente qualità, ospita due display, uno centrale touch screen (7 pollici) e l’altro nel cruscotto (4,2 pollici). La pista dritta e pianeggiante lascia il posto a tratti collinari che in alcuni punti diventano delle vere montagne. Salite ripide, tornanti, canali che tagliano il percorso, rocce aguzze di notevoli dimensioni, Hilux sfoggia le sue qualità fuoristradistiche, miscelando al meglio meccanica ed elettronica. Girando una semplice manopola la trazione diventa 4x4 (a richiesta si può avere sull’intera gamma), quando le rampe sono ancora più impervie c’è la possibilità di bloccare il differenziale posteriore oltre a poter contare sul controllo di trazione su tutte le ruote.

Come se non bastasse arrivano le dune: alte, maestose, invitanti, ma minacciose.
Un territorio apparentemente poco adatto ad un mezzo da lavoro. Il plus di Hilux, però, è proprio questo: andare a lavorare dove gli altri non oserebbero nemmeno passeggiare. Con le gomme opportunamente sgonfiate (fino a 0,8 bar), la spinta del motore consente al pick up di arrampicarsi come uno stambecco, ma Hilux è agile e sicuro anche nelle pendenze laterali e nelle ripide discese dove il Dac fa tutto da solo consentendo al gigante con il cassone di scendere nuotando fra la sabbia. Una meraviglia.
 

 

 

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Martedì 26 Luglio 2016 - Ultimo aggiornamento: 11:08 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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