Andrea Cardinali, presidente di Aniasa

Cardinali (Aniasa): «Il mercato cresce ma la fiscalità è ancora molto penalizzante»

di Nicola Desiderio
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ROMA - Andrea Cardinali è dal gennaio scorso il nuovo presidente Aniasa con un mandato quadriennale. Succede a Fabrizio Ruggiero (Europcar) ed è presidente e amministratore delegato di Alphabet Italia, società di noleggio a lungo termine del gruppo BMW.

Dottor Cardinali, a memoria, lei dovrebbe essere il primo presidente di Aniasa proveniente da una captive…
«Davvero? Non ci avevo pensato e probabilmente è così anche se, a onor del vero, il 70% del fatturato della mia azienda è multimarca. Io credo invece che la discontinuità più interessante sia che non provengo da una delle “big four” e questo dimostra che diamo voce a tutte le 50 associate, anche le piccole che sono oltretutto ben rappresentate all’interno del consiglio generale».

I dati del primo quadrimestre dicono che in Italia l’auto aziendale sta raggiungendo i livelli fisiologici degli altri mercati…
«Guadagniamo in un mercato che cresce e questo è il dato più importante. Il rent-a-car è spinto dalla stagionalità, per il lungo c’è un trend di lungo periodo che include anche i privati, una nicchia con enormi margini di sviluppo. Non credo comunque che questo ritmo sia sostenibile nell’intero anno né che potremo raggiungere i livelli degli altri paesi fino a quando avremo questa fiscalità. Il tema non è tanto il noleggio, ma la diffusione dell’auto aziendale: solo il 7% dei lavoratori oggi ha una company car».

Da un po’ c’è una crescente sovrapposizione di campi: le aziende di breve allungano i periodi di locazione sempre di più e quelle di lungo li accorciano. Alla fine chi vince?
«Il fenomeno non è nuovo, sta diventando più evidente per ragioni di comunicazione e di marketing. Vengo dal mondo del breve e so che esiste da almeno 15 anni. Quello che è nuovo è che esiste un continuum tra car sharing e lungo termine che consente al cliente di poter scegliere qualsiasi tipo di formula. Credo che il futuro sia la massima flessibilità andando incontro a tutte le esigenze più disparate del cliente. Il noleggio a breve e a lungo sono poi talmente interconnessi a tutti i livelli e il loro rapporto sta diventando sempre più bilaterale. Non credo che vincerà o perderà qualcuno».

Sul mercato della mobilità si stanno affacciando anche altri attori. Alcuni inediti, altri sono di ritorno come i costruttori, ma a ruoli invertiti: oggi la mobilità è un business molto più grande di quello legato al “metallo”. Lei come la vede?
«Non credo che Google e Apple vogliano produrre auto, ma hanno tecnologie per entrare nel mondo dei servizi. Le case auto erano uscite dal noleggio, oggi invece cercano di rientrare e stanno lavorando intensamente su campi come la guida autonoma e le nuove forme di propulsione. Ci sarà sicuramente necessità di collaborare. Poi c’è il tema della intermodalità e della condivisione. Basta guardare alla fusione tra Anas e Ferrovie dello Stato per capire che ne vedremo delle belle».

Anche la vita associativa e i rapporti con le altre associazioni cambieranno?
«Il Dna di Aniasa è da sempre la sua diversificazione interna. Al contrario di altre associazioni, noi siamo “multiprodotto”: breve termine, lungo termine e ora car sharing. Questo ci dà una marcia in più e ci rende apertissimi sia al cambiamento sia ad un allargamento del nostro perimetro. Lo dimostrano i nuovi ingressi in associazione (DriveNow, Europ Assistance, Handling, Petit Forestier, Texa e Viasat, ndr) e la loro diversificazione. E per il futuro vedo un abbattimento delle frontiere interne. La filiera dell’auto conta una miriade di associazioni e credo che bisognerebbe mettere insieme gli interessi comuni, soprattutto nei confronti delle istituzioni spiegando loro come stanno le cose e quanto veloce sia la loro evoluzione».

La categoria del car sharing riguarda il “pay per use”, una modalità che sempre di più interessa anche le altre forme di noleggio. Che evoluzione avrà questo fenomeno?
«Il concetto di condivisione è sicuramente un fatto culturale molto ampio e pienamente accettato: prima era segno di povertà, oggi invece è di libertà, soprattutto nei grandi centri urbani dove l’auto può significare prigionia. Eppure, se guardiamo i numeri, il car sharing riguarda solo 5mila auto e gli spazi di crescita sono enormi. Ma vi sono margini anche in altre forme di condivisione: oggi su ogni auto viaggiano in media 1,2 persone e questo vuol dire che utilizziamo solo un quarto della sua abitabilità. Per questo credo che il ride sharing sia il modo definitivo per abbattere il traffico».
 

 

 

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Martedì 20 Giugno 2017 - Ultimo aggiornamento: 23-06-2017 10:36 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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